
3 Ottobre 2018
GIHTAD (2018) 11:5
Articolo originale
Medicinali equivalenti in Italia: le ragioni della diffidenza di medici e farmacisti
Equivalent medicinal products in Italy: the reasons for the prudence of physicians and pharmacists
Corrado Giua Marassi1, Umberto M. Musazzi2, Ambra Pedrazzini1, Enrico Keber1, Paolo Rocco2, Nicolina P. Floris1, Paola Minghetti2
Scarica il PDF1Società Italiana Farmacia Clinica (SIFAC) – Italy
2Dipartimento di Scienze Farmaceutiche, Università degli Studi di Milano – Italy
Indirizzo per la corrispondenza:
Umberto M. Musazzi
Università degli Studi di Milano
Dipartimento di Scienze Farmaceutiche – DISFARM
via G. Colombo, 71 – 20133 Milano, Italy
umberto.musazzi@unimi.it
Abstract
Despite the regulatory framework favourable to the use of equivalent medicines in Italy, it remains below the European average. Although the causes are not fully clarified, several factors can concur to the patient reluctance to take generic medicines. In this context, the influence of health professionals (e.g., physicians, pharmacists) could play an important role. The aim of this work is to investigate the reasons behind the reticence of doctors and pharmacists to prescribe/recommend equivalent medicines by means of a survey sent to 308 health professionals. The results confirmed a lack of confidence in 43% of the interviewees. Based on such results, another survey was conducted on the same sub-group of health professionals to better identify the causes of their reluctance. Among the main causes of distrust towards equivalent medicines remains the erroneous belief that the quality, safety and efficacy profile is not comparable with the originator. Physicians and pharmacists were particularly sceptics towards the equivalent drugs of the therapeutic classes most frequently used to treat chronic diseases (e.g., hypertension, arrhythmias, cardiopathies, diabetes mellitus). Such results highlighted that there is room for improving the preparation of the health professionals towards a better patient education about equivalent medicines. On the other side, the results highlighted the caution of both physicians and pharmacists with respect to uncontrolled switching of medicines and their propensity to promote a linear therapeutic choice so that the patient takes the same medicine throughout the therapy.
Introduzione
Nel 2004 è stata introdotta per la prima volta a livello comunitario la definizione di medicinale generico: un medicinale che presenta uguale composizione quali-quantitativa, in termini di principi attivi, e stessa forma farmaceutica di un prodotto già in commercio nella Comunità Europea a brevetto scaduto (medicinale di riferimento) a cui siabioequivalente, come dimostrato da studi appropriati di biodisponibilità [1]. Due prodotti sono bioequivalenti se la loro biodisponibilità (i.e., la quantità e la velocità con cui un principio attivo è reso disponibile nella circolazione sanguigna) dopo somministrazione di una stessa dose è così simile da far sì che il loro profilo, per quanto riguarda l’efficacia e la sicurezza, sia sovrapponibile [2]. I diversi sali, esteri, eteri, isomeri di una sostanza sono considerati lo stesso principio attivo, se non presentano differenze significative in termini di sicurezza ed efficacia; le diverse forme farmaceutiche orali a rilascio immediato sono considerate la stessa forma farmaceutica.
Considerando i minori costi in termini di ricerca e sviluppo sostenuti per l’immissione in commercio, l’utilizzo nella pratica clinica dei medicinali generici permette un migliore contenimento della spesa farmaceutica. Ad esempio, un medicinale generico collocato in fascia A, quindi dispensabile in regime SSN sul territorio italiano, ha un prezzo inferiore di almeno il 20% rispetto al corrispondente originatore alla sua immissione in commercio.
Inoltre, data la bioequivalenza dimostrata in sede di autorizzazione all’immissione in commercio, il generico è intercambiabile con il prodotto innovatore.
In Italia, la possibilità di sostituire dei medicinali generici con i loro originatori è stata sancita con la creazione nel 2005 delle liste di trasparenza [3]. Due o più medicinali sono sostituibili se sono classificati come medicinali equivalenti, ovvero risultano inseriti nella medesima lista di trasparenza da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA).
Per facilitare l’utilizzo di medicinali equivalenti (rispetto ai corrispettivi branded), il legislatore ha previsto l’obbligo per il medico di indicare nella prescrizione il nome del principio attivo, accompagnandolo eventualmente dalla denominazione commerciale di uno specifico medicinale, nel caso di un paziente curato per la prima volta. Negli altri casi (e.g., proseguimento di una terapia), il medico ha facoltà di indicare la sola denominazione commerciale. In questo caso il farmacista è però legittimato a dispensare, una volta ottenuto il consenso dell’assistito, il medicinale con il prezzo minore tra i medicinali equivalenti ricompresi in una medesima lista di trasparenza. L’indicazione di uno specifico prodotto è vincolante per il farmacista solo in presenza di una clausola di non sostituibilità [4]. In ogni caso, il Sistema sanitario nazionale (SSN) rimborsa al farmacista il minor prezzo tra i medicinali equivalenti riportati in lista di trasparenza; l’eventuale differenza con il prezzo di un medicinale più costoso deve essere corrisposta dall’assistito [5].
Nonostante il quadro normativo favorevole all’impiego dei medicinali equivalenti, il loro utilizzo in Italia risulta in lenta crescita. In base ai risultati dell’ultimo report annuale del centro studi di Assogenerici, l’impiego di medicinali equivalenti in Italia è passato dall’1,10% del totale delle confezioni di medicinali gestite dalle farmacie aperte al pubblico nel 2001, al 21,47% nel 2017 [6]. Si consideri, a titolo di esempio, che la quota di mercato dei medicinali generici in Germania, Paesi Bassi e Regno Unito è stata superiore al 60% nel 2016 [7].
Le cause del sottoutilizzo dei medicinali generici in Italia non sono del tutto chiarite, ma potrebbero essere imputabili a diversi fattori. Pasina e colleghi hanno dimostrato una maggiore ritrosia da parte dei pazienti ad assumere medicinali generici a causa di dubbi e pregiudizi [8]. In questo contesto, l’influenza degli operatori sanitari (e.g., medici, farmacisti) sembra avere un importante ruolo nelle scelte dei pazienti relativamente alla loro propensione ad utilizzare medicinali generici [9].
Pertanto, il presente lavoro si è posto l’obiettivo di indagare, attraverso l’invio di un questionario, le ragioni alla base della reticenza di medici e farmacisti a prescrivere/consigliare i medicinali equivalenti.
Metodologia sperimentale
Al fine di meglio determinare le ragioni della refrattarietà di medici e farmacisti lo studio è stato suddiviso in tre fasi. La prima fase (A) dello studio (gennaio-marzo 2016) è stata incentrata sulla selezione dei partecipanti, ossia farmacisti e medici refrattari all’impiego dei medicinali equivalenti (“responder”). La seconda fase (B) (aprile-settembre 2016) ha previsto una seconda indagine di tipo qualitativo rivolta ai responder selezionati nella fase A. I dati raccolti sono stati quindi elaborati con Excel® (Microsoft, US) durante la terza fase (C) dello studio.
Fase A
Al fine di individuare i professionisti sanitari refrattari all’uso di medicinali equivalenti, due questionari sono stati sottoposti rispettivamente all’attenzione di medici di medicina generale (MMG) e di farmacisti.
Ciascun questionario si componeva di domande standardizzate chiuse e di tipo gerarchizzato, strutturate in modo tale da far emergere chiaramente l’opinione dei professionisti sanitari intervistati nei confronti dei medicinali equivalenti, nonché la tendenza a ricorrere quotidianamente alla loro prescrizione/consiglio.
L’invio dei questionari e la loro compilazione sono stati effettuati attraverso la piattaforma telematica SurveyMonkey(SurveyMonkey Inc., USA). Al termine della compilazione, all’intervistato è stato chiesto di fornire il proprio indirizzo e-mail, in modo da garantirne la tracciabilità e da facilitare l’individuazione dei responder inclusi nella Fase B dello studio. Dichiarazioni neutre o positive verso l’impiego degli equivalenti nella pratica clinica sono state considerate criteri di esclusione per l’accesso alla fase B dello studio.
Fase B
Allo scopo di comprendere le maggiori perplessità alla base delle resistenze di medici e farmacisti all’uso di medicinali equivalenti, un team multidisciplinare di esperti (farmacologi, medici, ricercatori in tecnologia farmaceutica e farmacisti clinici) si è occupato della redazione di questionari qualitativi standardizzati. Ciascun questionario si componeva di 11 domande chiuse o aperte. Il questionario predisposto per i MMG era formato da 7 domande chiuse a scelta multipla e 4 aperte (Appendice 1), mentre quello per i farmacisti includeva 5 domande a risposta chiusa e 6 a risposta aperta (Appendice 2). I questionari differivano leggermente nella formulazione delle domande in modo da adattarle il più possibile al bagaglio culturale del professionista intervistato. I temi toccati dal questionario sono i seguenti: efficacia dei farmaci equivalenti, aderenza alla terapia, switching in corso di terapia, sostenibilità in farmacia, comunicazione con il cliente/paziente, percepito rispetto all’affidabilità delle aziende produttrici di equivalenti, categorie di pazienti o patologie in cui è meno indicato il ricorso al farmaco equivalente.
I questionari sono stati somministrati ai responder attraverso un’intervista de visu della durata di circa 45 minuti da parte di operatori preventivamente formati. Rispetto alla Fase A, per la raccolta dei dati della Fase B è stata preferita l’intervista per meglio comprendere le ragioni alla base della diffidenza nell’uso dei medicinali equivalenti alla luce dell’esperienza clinica di ciascun operatore sanitario intervistato.
Risultati
Allo studio hanno partecipato in totale 308 professionisti sanitari provenienti da tutto il territorio nazionale (Fig. 1): 170 MMG e 138 farmacisti. Sulla base delle risposte date al questionario preselettivo, il 43,5% degli intervistati (n=134) è stato classificato come responder: di questi, 74 erano farmacisti (55% del totale dei farmacisti) e 60 medici di medicina generale (35% del totale dei MMG).
MMG
I risultati raccolti suggeriscono che la diffidenza dei MMG per la prescrizione di medicinali equivalenti è riconducibile a diverse cause. Il 23% degli intervistati ritiene che i medicinali equivalenti abbiano una minore efficacia clinica rispetto agli originatori, mentre il 73% pensa che il loro uso possa essere correlabile con una differente efficacia solo per alcune classi terapeutiche. La quasi totalità degli intervistati, inoltre, ritiene che la diversa composizione degli eccipienti in un medicinale equivalente rispetto all’originatore possa avere un significativo impatto sull’efficacia della terapia, alterando la farmacocinetica, la biodisponibilità e la tollerabilità del principio attivo, nonché dando interazioni con altri medicinali. Questa diffidenza è marcata per particolari categorie di pazienti, giudicate dal MMG più fragili. In particolare, il 63% degli intervistati ritiene che la prescrizione dei medicinali equivalenti sia meno indicata nei pazienti a rischio cardiovascolare, oncologici, psichiatrici, diabetici o in gravidanza. L’11% ammette di essere più cauto nel prescrivere ad anziani e pazienti fragili, mentre il 3% è più restio alla prescrizione di generici in tutti quei casi in cui è necessaria una maggiore precisione del dosaggio del medicinale.
Infine, il 98% degli intervistati considera che le aziende produttrici di medicinali equivalenti non siano tutte egualmente affidabili.
Alla scadenza della copertura brevettuale di un medicinale, il 55% degli intervistati ha confermato che è propenso a prescrivere l’equivalente solo nel caso in cui il paziente sia naïve al trattamento, il 20% solo dopo aver informato adeguatamente il paziente, mentre il restante 25% continua a prescrivere il farmaco originatore. Il 67% degli intervistati ha però confermato che ci sono stati casi in cui la prescrizione dell’originatore è stata preferita ad un analogo equivalente per ragioni di tempo o per difficoltà nello spiegare al paziente il concetto di bioequivalenza. Nel caso in cui il paziente sia già in cura, la stragrande maggioranza dei medici responder conferma di preferire il proseguimento della terapia con il medesimo medicinale (91%) e di essere poco propenso allo switching. Infatti l’88% degli intervistati sostiene di aver osservato frequentemente una mancata aderenza alla terapia e un aumento di errori posologici in pazienti sottoposti a continui switching di terapia. Per queste ragioni la dicitura “non sostituibile” sulle prescrizioni è comunemente riportata (88%), specialmente nel caso in cui il paziente sia anziano o fragile. Il ricorso a tale dicitura non è dovuto a sfiducia nella professionalità del farmacista: infatti solo il 25% degli intervistati si dice sfavorevole alla possibilità che il farmacista possa sostituire il farmaco prescritto con un equivalente. Il 62% degli intervistati però ritiene che la sostituzione debba essere ponderata in funzione del medicinale prescritto e della tipologia di paziente al fine di preservare l’aderenza e quindi l’efficacia della terapia.
Qualora, invece, sia il paziente a manifestare dubbi relativamente all’efficacia di un medicinale equivalente, l’atteggiamento del medico appare estremamente conservativo. Il 52% degli intervistati dichiara, infatti, di prenderne atto e non prescrivere più tale medicinale. Nel 34% dei casi, il medico tende a rassicurare il paziente e a procedere ad una corretta valutazione di quanto comunicatogli. Se confermata la riduzione di efficacia, l’11% degli intervistati dichiara di tornare a prescrivere l’originatore apponendo sulla ricetta la dicitura “non sostituibile”.
Fig. 1. Fasi dello studio e distribuzione degli operatori intervistati
Farmacisti
I dati raccolti dai 74 farmacisti inclusi nello studio qualitativo confermano il quadro emerso con i MMG. I vantaggi e gli svantaggi dei medicinali equivalenti elencati dai farmacisti sono riportati nella Figura 2.
Fig. 2. Vantaggi (A) e svantaggi (B) dei medicinali equivalenti elencati dai farmacisti responder. Le percentuali si riferiscono alla frequenza con cui gli intervistati hanno citato le singole voci.
Se la maggioranza concorda sul fatto che l’impiego di medicinali equivalenti sia un vantaggio in termini economici per il paziente e per il SSN, il percepito rispetto agli svantaggi risulta essere più variegato. Infatti la maggioranza degli intervistati si è dimostrata scettica sul fatto che i medicinali equivalenti diano le stesse garanzie degli originatori in termini di qualità, efficacia e sicurezza. In particolare, il 39% dei farmacisti che hanno risposto al questionario qualitativo appare convinto dell’esistenza di una variabilità nella qualità, efficacia e sicurezza di medicinali prodotti da diverse industrie farmaceutiche, mentre per il 60% tali differenze si limitano a determinate classi terapeutiche (e.g., beta-bloccanti, medicinali cardiovascolari, antiepilettici, anticoagulanti ecc.). Inoltre la maggioranza degli intervistati concorda sul fatto che gli eccipienti possano influire sull’efficacia di un farmaco equivalente in quanto possono avere un impatto diretto sull’efficacia clinica del principio attivo (39%) o indiretto sulla sua biodisponibilità (68%), farmacocinetica (49%), tollerabilità (28%) o sulla palatabilità del prodotto (7%). Sulla base di queste considerazioni, il 53% dei farmacisti responder ritiene che due medicinali equivalenti non siano intercambiabili tra loro, mentre il 46% manifesta dubbi, considerando ragionevole la riduzione dei range di variabilità per i criteri di bioequivalenza e l’obbligo per le aziende produttrici di pubblicare i dati di farmacocinetica del loro prodotto rispetto al prodotto di riferimento.
Sulla base del loro percepito, i farmacisti si dimostrano abbastanza cauti nell’acquisto di medicinali equivalenti. Il 57% degli intervistati predilige medicinali generici prodotti negli stessi stabilimenti dei corrispondenti farmaci originatori, mentre il 27% valuta esclusivamente l’acquisto di medicinali da industrie farmaceutiche che ritiene affidabili.
Ciononostante, all’atto della dispensazione di una ricetta medica senza la dicitura “non sostituibile”, i farmacisti responder propongono al paziente un medicinale equivalente nel 74% dei casi, mentre il 26% si dichiara riluttante a dispensare l’equivalente in assenza di una specifica richiesta da parte del paziente. Nel caso in cui sia il paziente a richiedere un medicinale equivalente del quale il farmacista è sfornito, solo il 38% degli intervistati procede a ordinare quanto richiesto, mentre il 62% provvede a sostituire con l’equivalente disponibile dandone adeguata informazione al paziente. Per pazienti già in terapia, il farmacista risulta essere più cauto nello switching cercando di garantire la continuità del medicinale equivalente dispensato nell’80% dei casi. Analogamente, solo il 31% dei farmacisti responderdichiara di proporre sempre lo switching a un farmaco equivalente in presenza di pazienti fragili o con particolari patologie (malattie cardiovascolari, diabete, ecc.). Nel caso sia invece il paziente a esprimere dei dubbi sull’efficacia di un medicinale equivalente e rifiuti la sostituzione di un originatore, l’85% dei farmacisti intervistati provvede a consegnare quanto richiesto dal paziente senza approfondire le ragioni del diniego. Infine, nel 47% dei casi, gli intervistati documentano una certa difficoltà nel rispondere ai dubbi del paziente sui medicinali equivalenti in maniera chiara e approfondita a causa del poco tempo a disposizione e della complessità degli argomenti trattati.
Discussione
Lo studio effettuato ha confermato una scarsa fiducia da parte di una componente di professionisti sanitari nei confronti dei medicinali equivalenti. Tra le principali cause di diffidenza verso i medicinali generici permane l’erronea convinzione che il profilo di qualità, sicurezza ed efficacia non sia comparabile con i corrispettivi originatori. Un maggiore scetticismo è stato osservato, sia dai medici che dai farmacisti, verso classi terapeutiche ampiamente usate per la cura di patologie croniche, quali ipertensione, aritmie, cardiopatie, diabete mellito e patologie croniche a carico dell’apparato respiratorio. Inoltre, dalla rielaborazione dei questionari si evince una certa impreparazione dei professionisti in termini di educazione del paziente e di gestione degli eventuali dubbi sull’efficacia dei medicinali equivalenti. La maggioranza dei medici e dei farmacisti ha infatti dichiarato di limitarsi a ricorrere alla prescrizione/dispensazione del medicinale originatore senza approfondire le cause alla base della convinzione del paziente. Inoltre, il limitato tempo a disposizione e la complessità degli argomenti sono stati indicati come ulteriori aspetti che vanno a inficiare la comunicazione tra operatore sanitario e paziente ai fini di una corretta gestione dei medicinali equivalenti.
Nonostante, le numerose campagne che sono state intraprese negli ultimi anni a favore dell’uso di medicinali equivalenti, molti professionisti ritengono ancora che ci sia una notevole differenza rispetto agli originatori in termini di qualità, sicurezza ed efficacia. La diffidenza dei principali operatori sanitari che sono a stretto contatto con il paziente suggerisce un indiretto effetto, altrettanto negativo, sulla propensione dei pazienti ad impiegare medicinali equivalenti.
Dallo studio è stato, inoltre, possibile estrapolare il percepito dei professionisti sanitari rispetto all’impatto dello switching sull’aderenza terapeutica dei pazienti. In linea con quanto osservato da Colombo e colleghi [10], la sostituzione incontrollata tra medicinali equivalenti è ritenuta essere causa di confusione per i pazienti in politerapia (diverso packaging della confezione, colore ecc.), con il conseguente rischio di minare il successo terapeutico e la salute del paziente per mancate o ripetute assunzioni del medesimo medicinale. I risultati dello studio qualitativo hanno evidenziato la cautela da parte sia di medici che di farmacisti rispetto a fenomeni di switching incontrollato e la loro propensione a promuovere una scelta terapeutica lineare, in modo che il paziente assuma per tutta la terapia lo stesso medicinale.
Conclusione
Lo studio ha permesso di mettere in luce l’effettiva e residuale diffidenza da parte di farmacisti e MMG in materia di medicinali equivalenti. Come precedentemente dimostrato in letteratura, tale reticenza può essere trasmessa al paziente aumentandone la confusione. Inoltre, la diffidenza degli operatori sanitari rispetto alla possibilità di sostituire medicinali equivalenti tra loro rende la rete assistenziale territoriale poco pronta nel caso di eventuali carenze di medicinali nei normali circuiti distributivi, esponendo i pazienti al rischio di interruzione delle terapie in atto. È necessario dunque insistere sulla diffusione di chiare e corrette informazioni attraverso un approccio trasversale ed esteso a tutti gli interlocutori coinvolti nel sistema. In questo contesto, gli output raccolti dall’indagine qualitativa sono scaturiti nell’elaborazione da parte della Società Italiana di Farmacia Clinica (SIFAC) di documenti concreti e fruibili, realizzati sotto forma di FAQ, rivolti a medici e farmacisti.
Bibliografia
- Decreto legislativo 219/06 del 24 aprile 2006. Attuazione della direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE (GU n.142 del 21.6.2006 – Suppl. Ordinario n. 153): Art. 10, c. 5; punto b.
- European Medicines Agency (EMA). Guideline on the investigation of bioequivalence (CPMP/QWP/1401/98 Rev.1/Corr). London, 20 January 2010.
- Decreto legge n. 87 del 27 maggio 2005, convertito con Legge n. 149 del 26 luglio 2005. Disposizioni urgenti per il prezzo dei farmaci non rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale.
- Decreto legge n. 95 del 6 luglio 2012, convertito con Legge n. 135/12 del 7 agosto 2012. Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario come modificato dall’art. 13-bis del Decreto-legge n. 179 del 18 ottobre 2012, convertito con modificazioni dalla Legge n. 221 del 17 dicembre 2012. Art. 15, c.11-bis.
- Decreto legge 347/01 del 18 settembre 2001, convertito con Legge n. 405/01. Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria.Art. 7, c.1.
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- Assogenerici. Generici equivalenti Europa. http://www.assogenerici.it/it/studi-e-analisi/generici-equivalenti-europa.htm. Accesso web: 16 aprile 2018.
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- Shrank WH, Cadarette SM, Cox E, et al. Is there a relationship between patient beliefs or communication about generic drugs and medication utilization? Med Care 2009; 47:319-325.
- Colombo GL, Agabiti-Rosei E, Margonato A, et al. Impact of substitution among generic drugs on persistence and adherence: A retrospective claims data study from 2 Local Healthcare Units in the Lombardy Region of Italy. Atheroscler Suppl2016; 21:1-8.
Appendice 1
Questionario qualitativo per medici di medicina generale
- Sulla base della Sua esperienza clinica ritiene che il farmaco equivalente abbia la stessa efficacia terapeutica del farmaco originatore?
- Sì
- No, ritengo che abbia una minore efficacia clinica
- Ritengo che l’efficacia sia differente per alcune classi terapeutiche
- Secondo la Sua esperienza clinica, i farmaci equivalenti delle diverse ditte sono tutti uguali tra loro?
- Sì
- No, ritengo che alcune ditte siano più affidabili di altre
- Nel momento in cui scade la copertura brevettuale di un farmaco, prescrive il farmaco equivalente:
- Sempre, dopo aver informato il paziente sull’efficacia del farmaco equivalente ed ottenuto il suo consenso
- Solo se si tratta di una prima prescrizione
- Prescrivo il farmaco originatore perché occorre troppo tempo per informare il paziente sul farmaco equivalente e superare la sua diffidenza
- Come valuta la possibilità da parte del farmacista di sostituire il farmaco da Lei prescritto con un equivalente?
- Non sono mai d’accordo
- Dipende dal farmaco prescritto e dalle condizioni del paziente
- Ritengo che tale possibilità sia ininfluente e non condizioni l’efficacia della terapia
- Sono d’accordo purché la sostituzione non alteri l’aderenza terapeutica del paziente
- Ha mai riscontrato, specie in caso di politerapia, mancata aderenza o errori posologici (es. assunzione di una dose doppia dello stesso principio attivo) in seguito a continue sostituzioni tra differenti ditte di equivalenti?
- Spesso
- Qualche volta
- Raramente
- Mai
- Quando aggiunge alla prescrizione di un farmaco la dicitura “non sostituibile”?
- Sempre, per inserimento automatico da parte del sistema informatico
- In caso di terapia già in atto e/o in presenza di pazienti anziani o fragili
- Mai, lascio che sia il farmacista a decidere l’eventuale sostituzione
- Come influiscono gli eccipienti sull’efficacia di un farmaco equivalente?
- Come reagisce quando un paziente Le riferisce di aver già provato in passato un farmaco equivalente ma è convinto di non aver ottenuto la medesima efficacia?
- Nel prescrivere un farmaco equivalente a un paziente già in terapia con esso, si cura di far sì che il paziente prosegua sempre col farmaco della stessa ditta?
- Esiste secondo Lei una categoria di pazienti e/o patologie per le quali la prescrizione degli equivalenti è meno indicata?
- Se la risposta è sì, a quali pazienti e/o patologie si riferisce? Per quali motivi secondo Lei?
- Le è mai capitato che per limiti di tempo, o per la difficoltà di spiegare il concetto di bioequivalenza ai pazienti, prescrivesse direttamente il farmaco originatore?
- Spesso
- Qualche volta
- Raramente
- Mai
Appendice 2
Questionario qualitativo per farmacisti
- Secondo la Sua esperienza, il farmaco equivalente offre le stesse garanzie di qualità, efficacia e sicurezza del farmaco originatore?
- Sì
- Ritengo che dipenda dalle ditte produttrici
- Ritengo che tali caratteristiche non siano garantite per alcune classi terapeutiche (es. beta-bloccanti, antiepilettici, farmaci cardiovascolari, anticoagulanti orali, ecc.)
- Durante il processo di acquisto dei farmaci equivalenti:
- Valuto le condizioni commerciali proposte dai fornitori
- Scelgo, quando è possibile, gli equivalenti prodotti negli stessi stabilimenti dei corrispondenti farmaci originatori
- Valuto unicamente le proposte commerciali delle aziende che ritengo più affidabili
- In caso di prescrizione del farmaco originatore e in assenza della dicitura “non sostituibile”:
- Propongo sempre al paziente il farmaco equivalente
- Dispenso il farmaco equivalente solo su specifica richiesta del paziente, senza mai proporlo
- Mi attengo quasi sempre alla dispensazione del farmaco originatore per il troppo tempo necessario per spiegare al paziente che è disponibile il farmaco equivalente e superare con le dovute argomentazioni le eventuali diffidenze
- Come Si comporta se è sprovvisto del farmaco equivalente prodotto da una determinata ditta e utilizzato dal paziente?
- Dopo aver informato il paziente e previo suo consenso, dispenso sempre un altro farmaco equivalente che ho a disposizione in farmacia
- Prenoto il farmaco equivalente già in uso solo in caso di determinate patologie o in presenza di pazienti critici
- Secondo la Sua esperienza, tutti i farmaci equivalenti sono uguali ed intercambiabili tra loro?
- Sì
- Penso che si dovrebbe restringere il range di variabilità per i criteri di bioequivalenza e che le aziende produttrici dovrebbero pubblicare i dati di equivalenza del loro prodotto rispetto al prodotto di riferimento
- Non sono d’accordo, ho ricevuto segnalazioni di diversa efficacia terapeutica e/o tollerabilità insorti in seguito alla sostituzione di un farmaco equivalente con un altro
- Come influiscono gli eccipienti sull’efficacia di un farmaco equivalente?
- Nel dispensare un farmaco equivalente a un paziente già in terapia con esso, si cura (nei limiti delle sue possibilità) di far sì che il paziente prosegua sempre col farmaco della stessa ditta?
- Come si comporta quando un paziente rifiuta la sostituzione con l’equivalente, convinto di aver sperimentato una minore efficacia o maggiori effetti collaterali?
- Le capita di trovarsi in difficoltà quando si trova a dover spiegare in breve tempo ad un paziente che cosa sono i farmaci equivalenti? Le sembra che concetti quali bioequivalenza, scadenze brevettuali, liste di trasparenza siano di difficile comprensione per alcuni, considerate le tempistiche ristrette che spesso si impongono in farmacia?
- È solito proporre lo switching ad un farmaco equivalente? Pazienti fragili o il tipo di patologia (ad es. ipertensione, patologie cardiovascolari, diabete, ecc.) sono variabili che influenzano il suo comportamento in tal senso?
- Può indicare 3 limiti e 3 vantaggi dei medicinali equivalenti rispetto agli originatori?
