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13 Dicembre 2018

GIHTAD (2018) 11:7
Articolo originale

L’impatto dei fattori a emivita prolungata sul consumo di FVIII: il punto di vista del farmacista ospedaliero

The impact of extended half-life products on the consumption of FVIII: the point of view of the hospital pharmacist

Luca Cancanelli, Simona Angela Mirarchi, Enrico Pasut, Maria Pia Salanitro, Stefano Stoppa

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Corresponding author
Stefano Stoppa
stefanostoppa.mobile@gmail.com


 

Abstract

Hemophilia A (HA) is a congenital X-linked bleeding disorder resulting from deficiency of coagulation factor VIII (FVIII). In Italy HA affects 4,120 patients, who represent the 36,2% of all individuals affected by a congenital coagulation disorder.

Treatment of HA is based on infusions of FVIII according to on-demand or prophylaxis regimens aimed at preventing bleedings and the most frequent complications of this disorder, such as haemorragic arthropaties. The development of recombinant human FVIII (rFVIII) made the replacement therapy safer from blood-borne infections and made people more confident with prophylaxis regimens. It has been clearly demonstrated that prophylaxis reduces both annualized bleeding rates and haemorragic arthropaties. However the need of frequent infusions in a week – typically 3 to 4 per week – with traditional short half-life rFVIII is related to discomfort for the patients and unsatisfying adherence rates, that lead to an inadequate spontaneous bleeding control. Moreover the replacement therapy with plasma derived FVIII and rFVIII is associated with the induction of inhibitors in a significant proportion of patients.

In order to overcome these problems and to reach better clinical outcomes, extended half-life (EHL) products such as rFVIII combined with the Fc portion of immunoglobulin G (rFVIIIFc), have been developed. The new EHL rFVIIIFc demonstrated in clinical trials not only a significant prolongation in infusion intervals by 1.5 times and a better prevention of spontaneous bleedings but also higher adherence rates to prophylaxis and better quality of life of patients.

Anyway there is still the need to better define the positive effects of the adoption of therapeutic strategies based on new EHL products in the treatment of HA and to promote a stronger collaboration in the cure of HA patients among different health care professionals, such as clinicians and hospital pharmacists.

The aim of this article is to present evidence of the limitations, in term of therapeutic adherence, FVIII consumption and treatment costs, of conventional FVIII products, and of the opportunities for improvements with the new therapeutic agents, emerging from available literature data and local experiences reported by a group on Italian hospital pharmacists.

 

Introduzione

L’emofilia A è un disordine congenito della coagulazione del sangue legato al cromosoma X e causato da un deficit del fattore VIII (FVIII) della coagulazione [1].

In Italia, in base ai dati del Registro nazionale delle coagulopatie congenite, sono presenti 4.120 pazienti con emofilia A, che rappresentano il 36,2% di tutti i pazienti con coagulopatie congenite. Il 44,8% dei pazienti italiani con emofilia A presenta una forma grave di malattia, caratterizzata da un livello di FVIII <1 UI/dl o <1% e ha un’età media di 35 anni [2]. I pazienti di età inferiore a 18 anni affetti da emofilia A grave costituiscono il 22,1% di tutti i casi di malattia [3]. Il trattamento dell’emofilia A si fonda sull’infusione del fattore VIII al bisogno (“on demand”) o secondo un regime di profilassi volto a prevenire i sanguinamenti e le complicanze tipiche della malattia, come l’artropatia emorragica [1].

L’utilità della profilassi con la somministrazione di concentrati di FVIII di derivazione plasmatica era stata evidenziata da piccoli studi clinici già negli anni ’60, che tuttavia proponevano schemi empirici e non supportati da evidenze provenienti da trial clinici randomizzati. Inoltre la profilassi è stata fortemente messa in crisi negli anni ’80 a causa della diffusione di infezioni virali (come HIV e HCV) trasmesse dai fattori della coagulazione del sangue utilizzati all’epoca [4].

La sintesi nei primi anni ’90 dei FVIII prodotti con tecnologia del DNA ricombinante (rFVIII) ha rappresentato un significativo passo in avanti in termini di sicurezza e ha permesso di rilanciare il valore della profilassi come strategia di cura ottimale dell’emofilia [5].

Le evidenze scientifiche hanno infatti dimostrato come la profilassi riduca i tassi annualizzati di sanguinamento (Annualized Bleeding Rate, ABR) e l’evenienza di emartri rispetto al trattamento al bisogno. La profilassi è quindi considerata lo standard terapeutico del paziente emofilico [1,4]. Inoltre, essa è associata a minori assenze lavorative e scolastiche, migliore benessere fisico e migliore qualità della vita. L’inizio del regime di profilassi il più precocemente possibile, prima della comparsa di emorragie articolari, assicura la migliore efficacia del trattamento [6].

Si definisce profilassi primaria la terapia sostitutiva regolare e continua avviata in assenza di artropatia, prima del secondo evento emorragico articolare e iniziata ad un’età inferiore ai 3 anni di vita; viene definita profilassi secondaria la terapia sostitutiva continua avviata prima dell’insorgenza di artropatia e dopo il secondo o ulteriori episodi di sanguinamento articolare; infine, per profilassi terziaria si intende una terapia regolare e continuativa iniziata dopo insorgenza di artropatia [7].

Lo studio POTTER (Prospective, open-label Prophylaxis versus On-demand Therapy Through Economic Report), condotto da Tagliaferri e colleghi, ha confrontato l’efficacia della profilassi rispetto alla terapia al bisogno in 53 soggetti di età compresa tra 12 e 55 anni. È stato dimostrato come, a distanza di 2 anni, i 27 soggetti in trattamento in regime di profilassi abbiano avuto una significativa diminuzione del numero di episodi emorragici articolari rispetto a quelli al bisogno (ABR: 1,97 vs 16,80 nei più giovani e 2,46 vs 16,71 nei più anziani; p=0,0043), una migliore qualità della vita e meno giorni di attività persi (p<0,0001) [8].

Obiettivo della profilassi è mantenere i livelli di FVIII plasmatici >1 UI/dl; per questo motivo, con i fattori di derivazione plasmatica e con quelli ricombinanti tradizionali a breve emivita i regimi di profilassi richiedono da tre a quattro infusioni settimanali, situazione che rende difficile una aderenza ottimale al trattamento [9,10].

Quindi, nonostante i miglioramenti avvenuti nel corso degli anni, sia per i pazienti sia per i clinici rimangono ancora bisogni non soddisfatti e problematiche aperte legate alle attuali terapie: frequenza elevata delle infusioni, dolore, controllo inadeguato dei sanguinamenti spontanei e degli emartri e necessità di interventi di artroplastica, specialmente in caso di aderenza non ottimale. Inoltre l’insorgenza di inibitori rimane una delle questioni ad oggi di più difficile gestione [1,10-13].

Per superare le difficoltà esperite e lamentate dai pazienti e nel contempo migliorare gli outcome clinici, sono stati sintetizzati rFVIII a emivita prolungata che, grazie a un migliore profilo farmacocinetico, consentono l’allungamento dell’intervallo tra le infusioni e maggiori margini di sicurezza nei confronti degli episodi emorragici [14,15]. Si tratta di innovazioni rilevanti, che migliorano l’aderenza alla profilassi e la qualità della vita dei pazienti [16].

Oggi, quindi, nel trattamento dell’emofilia si avverte la necessità di una ottimizzazione delle terapie farmacologiche [17]. In considerazione dei nuovi standard di cura, devono essere presi in esame, accanto ai tradizionali outcome clinici (come frequenza di sanguinamenti, comorbilità quali le artropatie e mortalità) e di laboratorio (valutazione dei livelli di fattore VIII), altre misurazioni rappresentate dall’individuazione precoce e la quantificazione del danno articolare, la qualità della vita dei pazienti e le analisi economiche e di costo-utilità [18]. In questo scenario emerge il ruolo  importante del farmacista ospedaliero come figura ponte tra le necessità cliniche di pazienti e medici e quelle di ottimizzazione delle risorse. Nell’ipotesi di costruire una rete tra le farmacie erogatrici distribuite sul territorio e i pochi prescrittori, le farmacie fornirebbero ai prescrittori (spesso operanti in strutture differenti da quelle erogatrici) dati relativi all’aderenza tra le quantità erogate e quelle prescritte. Il farmacista può aiutare il paziente nel risolvere problemi legati alla tecnica di somministrazione ed alla reperibilità dei device corretti. Inoltre il farmacista può semplificare i processi di acquisto dei nuovi medicinali rendendo più accessibili le terapie innovative.

 

Obiettivi

L’articolo vuole portare all’attenzione del lettore le criticità esistenti attualmente in termini di aderenza alle terapie, consumi di FVIII e costi correlati, e la possibilità di incidere su questi aspetti grazie alle innovazioni terapeutiche come efmoroctocog alfa (rFVIIIFc) – unico concentrato al momento disponibile in Italia di FVIII che prevede in scheda tecnica intervalli di somministrazione di 3-5 giorni rispetto ai 2-3 giorni degli altri FVIII in commercio – alla luce delle evidenze scientifiche pubblicate in letteratura e delle conoscenze maturate a livello locale in Italia. Efmoroctocog alfa è una proteina di fusione costituita dal fattore VIII della coagulazione umano ricombinante legato al dominio Fc (rFVIIIFc), prodotta con la tecnologia del DNA ricombinante in una linea di cellule embrionali renali umane (human embryonic kidney, HEK).

Le caratteristiche farmacocinetiche di rFVIIIFc consentono intervalli prolungati tra le somministrazioni e una maggiore protezione. È stato condotto un confronto testa-a-testa tra le farmacocinetiche di rFVIII convenzionale e rFVIIIFc valutate in modo sequenziale negli stessi pazienti (n=28) dopo un periodo di wash-out tra i due farmaci. In entrambi i casi è stata utilizzata una dose di 50 UI/kg. L’analisi ha dimostrato un aumento dell’emivita plasmatica di 1,5 volte con rFVIIIFc rispetto a rFVIII, ovvero di 19,0 ore contro 12,4 ore (p <0,001) [19]. La determinazione delle tempistiche per raggiungere i livelli di FVIII pari a 1 UI/dl o 1% (trough level) ha riscontrato un tempo di 3,3 giorni (3,0-3,7) per rFVIII e 4,9 giorni (4,4-5,5) per rFVIIIFc (p <0,001) [19].

 

Analisi della letteratura sull’aderenza ai trattamenti per l’emofilia

La definizione di profilassi prevede che una persona con emofilia abbia una frequenza di infusioni minima, definita a priori, di almeno 45 settimane (85%) in un anno [7]. Considerati i benefici della profilassi, l’aderenza al regime di infusioni rappresenta un punto cruciale. Nella ricerca clinica l’aderenza è generalmente quantificata dal numero di dosi di farmaco assunto rispetto al numero di dosi prescritte. L’aderenza è comunemente definita eccellente per un’assunzione di almeno il 75-80% delle dosi di farmaco prescritte [6]. Nel campo dell’emofilia è stata sviluppata e validata una scala di misura dell’aderenza alla profilassi, la VERITAS-Pro (Validated hEmophilia RegImen Treatment Adherence Scale – Prophylaxis) per avere un metodo standardizzato di valutazione di questo parametro. La scala compilata da chi pratica l’infusione (paziente o familiare) consta di 24 domande con un punteggio compreso tra 24 (aderenza assoluta) e 120 (assenza di aderenza). Studi statunitensi ed europei in cui è stata utilizzata questa scala hanno osservato una migliore aderenza nei soggetti in età pediatrica rispetto agli adulti. In uno studio tedesco, su 397 pazienti suddivisi per gruppi di età (0-14 anni, 15-19 anni, 20-59 anni e ≥60 anni) è stato riscontrato un punteggio complessivo medio al VERITAS-Pro di 36,7 ± 11,7 (range 24-86), con lo score peggiore nella fascia di età 20-59 anni (punteggio 41,1 ± 11,7) rispetto a quello osservato negli altri gruppi (30,0-35,7). L’aderenza più elevata si osservava nei bambini di età tra 0 e 14 anni [20].

In uno studio in cui l’aderenza è stata definita come rapporto ≥60% tra numero di giorni con somministrazione di farmaco effettiva e numero di giorni di osservazione, è stata riscontrata in 207 pazienti una aderenza del 51% tra i pazienti con forma grave di malattia, del 21% nella forma moderata e del 14% in quella lieve. Il 36,5% era aderente per meno del 30% dei periodi di tempo considerati [21]. Parimenti, uno studio olandese ha riscontrato su 241 pazienti emofilici una aderenza subottimale nel 37% dei casi e una mancata aderenza nel 20% [22].

Infine, Van Os e colleghi hanno riscontrato con la scala VERITAS-Pro tassi di aderenza molto elevati in 78 pazienti emofilici britannici, con solo il 18% di mancata compliance terapeutica. I migliori tassi di aderenza si osservavano tra quanti percepivano positivamente la profilassi considerandola più importante delle possibili preoccupazioni e difficoltà nell’eseguirla, e in quelli che avevano un buon supporto sociale e una maggiore reazione emotiva al sapersi affetti da emofilia [23].

I fattori a monte della mancata aderenza possono essere differenti e ascrivibili al paziente (età, percezione della gravità della malattia, difficoltà nel seguire schemi posologici, efficacia percepita della terapia, supporto esterno), oppure legati anche al trattamento stesso (numero e frequenza di infusioni, il tempo necessario per ogni infusione, efficacia e sicurezza dei farmaci) e alle difficoltà di accesso ai centri (per esempio lontananza e problemi burocratici) [6,24].

La scarsa aderenza alla terapia comporta outcome clinici peggiori. È stata evidenziata una relazione tra aderenza alla profilassi misurata con la scala VERITAS-Pro e gli ABR: tra i pazienti con peggiore aderenza, un maggior numero ha mostrato uno o più episodi emorragici all’anno rispetto ai pazienti con buona aderenza (86% vs 62%) [25].

Altri studi hanno dimostrato una relazione tra aderenza alla profilassi, dolore [26] e migliore qualità della vita [27]. Il peggioramento della situazione clinica legato alla scarsa aderenza comporta un maggior consumo di risorse sanitarie e quindi un aggravio dei costi.

 

I costi del trattamento dell’emofilia A in Italia

I costi del trattamento dell’emofilia A in Italia sono valutati mediamente in circa 220.000 euro/paziente/anno, per quanto riguarda i costi diretti [28]. I costi del trattamento dell’emofilia risultano notevolmente superiori nei pazienti con inibitori, risultando di 3 volte più elevati di quelli dei pazienti che non sviluppano inibitori [29-31].

Le analisi di costo-utilità mostrano i vantaggi della profilassi rispetto alla terapia al bisogno, con rapporti incrementali di costo efficacia (ICER) inferiori alla soglia considerata accettabile in Italia [8,32,33]. Uno studio di Shreshta e colleghi ha mostrato che l’avvio della profilassi nelle fasi più precoci della vita può ridurre i costi sanitari legati agli eventi emorragici e alle loro complicanze a lungo termine [34].

In base ai dati del rapporto 2017 dell’Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali [35] emerge come il FVIII, ricombinante e non, sia il primo per spesa pro capite (5,05 euro) tra i farmaci del sangue e degli organi emopoietici, e anche il primo tra i trenta principi attivi a maggiore impatto di spesa acquistati dalle strutture pubbliche. Più in generale, la categoria a maggiore incidenza sulla spesa delle strutture sanitarie pubbliche è rappresentata dai fattori della coagulazione del sangue: si spendono 8,03 euro pro capite per questi farmaci, pari al 30,8% della spesa complessiva per i farmaci del sangue e degli organi emopoietici, con un incremento di spesa del 6,5% rispetto al 2016. Inoltre il consumo espresso in dose definita giornaliera (DDD) è in crescita del 6,0% rispetto all’anno precedente.

 

Dati di consumo di fattore VIII

Il consumo di fattore VIII rappresenta quindi una voce importante di spesa. In Italia, la domanda totale di FVIII, nelle diverse formulazioni plasmatiche e ricombinanti, ha registrato per l’anno 2015 un valore complessivo di 528.695.250 UI, di cui l’84% utilizzato per la cura dell’emofilia A grave [3,36].

La domanda totale pro capite di FVIII (plasmatico e ricombinante) si attesta intorno a 9 UI con un decremento pari al 3,3% rispetto al 2014. La domanda regionale pro capite mostra significative oscillazioni che vanno da circa 3,7 UI in Valle d’Aosta a circa 13,4 UI nel Lazio.

Circa un quarto (26%) del totale, ovvero 137.994.500 UI, è di origine plasmatica (pdFVIII). La propensione all’utilizzo del pdFVIII varia significativamente nei diversi contesti regionali e registra un valore minimo, pari al 4%, con una domanda pro capite <1 UI, nella provincia autonoma di Trento e un massimo, pari al 74%, con una domanda pro capite di 5,9 UI, in Friuli-Venezia Giulia [36].

La domanda totale di rFVIII rappresenta i tre quarti del totale e si attesta su un valore pari a 390.700.750 UI. La domanda media nazionale pro capite è invece di circa 6,4 UI, con un intervallo tra le Regioni compreso tra 2,1 UI e 10,4 UI pro capite.

Per questo tipo di medicinali, tuttavia, forti oscillazioni possono verificarsi per necessità contingenti di relativamente pochi pazienti (ad esempio trattamenti di immunotolleranza, interventi chirurgici, traumi gravi). Le Regioni che mostrano una domanda maggiore rispetto al dato nazionale sono Lazio (+55%), Campania (+28%), Puglia (+24%) e Piemonte (+19%).

Nel 2015 in Italia la spesa per l’acquisto di FVIII plasmaderivato è stata di € 33.258.739, pari a € 0,55 pro capite. La spesa per l’acquisto di FVIII ricombinante è stata di € 283.229.397, pari a € 4,66 pro capite [36]. Per la segmentazione della spesa a livello regionale si vedano le Tabelle 1 e 2.

 

Tabella 1: Stima della spesa totale e pro capite (p.c.) a carico dell’SSN per l’acquisizione sul mercato di medicinali plasmaderivati (Da [36]).

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Tabella 2: Stima della spesa totale e pro capite (p.c.) per i fattori VII, VIII e IX di origine ricombinante, 2015 (Da [36]).

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L’impatto di rFVIIIFc sui consumi e sugli outcome clinici

Queste osservazioni evidenziano tuttavia anche finestre di opportunità per un’ottimizzazione delle risorse mediante l’utilizzo di preparati a emivita prolungata. Come dimostrato dagli studi registrativi, da quelli di estensione e di farmacocinetica, il fattore rFVIIIFc ad emivita prolungata è in grado di ridurre il numero di infusioni settimanali, il consumo di fattore VIII [19,37-39] e contemporaneamente migliorare la qualità della vita dei pazienti [16].

Tale preparato, ottenuto mediante fusione della proteina effettrice al dominio Fc dell’immunoglobulina G1 umana (IgG1), è un farmaco efficace e sicuro come dimostrano anche i sempre più numerosi studi di real life. Il programma di sviluppo clinico di rFVIIIFc comprendeva lo studio registrativo condotto su 165 pazienti adolescenti/adulti precedentemente trattati (PTP) di età ≥12 anni (studio A-LONG) seguiti per circa un anno [19], lo studio relativo alla popolazione pediatrica condotto su 71 bambini PTP di età <12 anni (studio Kids A-LONG) seguiti per circa 6 mesi [37] e lo studio di estensione (ASPIRE), in cui sono confluiti 211 dei pazienti inclusi nei due studi precedenti, del quale sono per ora disponibili i dati ad interim, relativi a 4,1 anni di osservazione per gli adulti e 2,9 anni per i bambini [38].

Il numero mediano di ABR è risultato di 1,6 nello studio A-LONG e inferiore nello studio di estensione ASPIRE (0,66 al primo data-cut, e 0,8 al secondo e al terzo data-cut). La percentuale di pazienti che non hanno presentato fenomeni emorragici nello studio A-LONG è stata del 45%. La mediana delle infusioni è stata di due alla settimana, un dato che rappresenta una differenza importante rispetto ai farmaci attualmente in commercio, con circa il 30% dei pazienti che arriva ad infondersi una volta ogni 5 giorni. Per quanto riguarda i dati di consumo, sono state utilizzate 77,9 UI/kg/settimana nello studio registrativo, un dato che è andato a diminuire leggermente nel corso del tempo nello studio di estensione, a dimostrazione di una riduzione dei consumi. Nessuno dei pazienti, in circa 4 anni di osservazione, ha manifestato l’insorgenza di inibitori, un riscontro che sottolinea la sicurezza del trattamento.

Anche i dati sulla popolazione pediatrica sono risultati particolarmente positivi. I bambini sono stati divisi in due coorti di età, una inferiore ai 6 anni e l’altra compresa tra 6 e 12 anni, una differenziazione necessaria per l’accelerato metabolismo di questi soggetti che si modifica nel corso del tempo.

Secondo il protocollo dello studio Kids A-LONG i bambini venivano trattati due volte alla settimana e la mediana delle infusioni si è mantenuta anche nello studio di estensione. Gli ABR nella coorte di età inferiore a 6 anni erano assenti nello studio pivotal e sono leggermente aumentati nel tempo (fino a 1,5) nello studio di estensione. Per i bambini tra i 6 e i 12 anni gli ABR sono stati 2,01 all’inizio e sono andati a diminuire nello studio di estensione. Come ci si attendeva, i consumi si sono rivelati più alti rispetto ai pazienti adulti, risultati complessivamente pari a 95 UI/kg a settimana unendo i dati delle due coorti, in linea con il metabolismo accelerato dei soggetti pediatrici. Anche in questa popolazione in un periodo di osservazione di quasi 3 anni non è stata osservata la comparsa di inibitori.

Modelli di simulazione di farmacocinetica hanno permesso di stabilire differenze nei profili plasmatici di FVIII ottenuti con rFVIIIFc 30 UI/kg due volte a settimana rispetto a rFVIII 30 UI/kg tre volte a settimana in un paziente ideale di 73 kg di peso. Con rFVIIIFc viene somministrata una infusione in meno alla settimana, con una dose complessiva settimanale inferiore di circa il 30% rispetto a rFVIII. Nonostante la riduzione di dose, il livello di protezione misurato dal trough level – ovvero il valore di valle di concentrazione di fattore VIII che indica il momento in cui è necessario ripetere la somministrazione e convenzionalmente fissato in 1UI/dl – e il tempo trascorso al di sotto di 1, 3 e 5 UI/dl si dimostra uguale o migliore con rFVIIIFc rispetto a rFVIII [9] (Figura 1).

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Figura 1. Il grafico simula la riduzione del numero di infusioni a settimana con rFVIIIFc rispetto a rFVIII. La figura mostra come il trattamento con rFVIIIFc possa mantenere o migliorare i livelli di attività di FVIIII di valle a fronte di una riduzione del 30% della quantità di farmaco (Da [9])

 

 

Risulta chiaro come strategie in grado di ridurre i consumi di FVIII, mantenendone inalterata l’efficacia, possano tradursi quindi in benefici economici importanti. A tal proposito, una revisione sistematica della letteratura ha valutato 377 studi condotti in pazienti adulti e adolescenti affetti da emofilia A moderata-severa. Tale analisi ha evidenziato come la profilassi con rFVIIIFc si associ sia a un miglioramento dei sanguinamenti, sia a una riduzione del consumo settimanale del farmaco (del 16-38%) e del numero di infusioni, rispetto all’utilizzo del fattore convenzionale rFVIII [10]. Il tasso annualizzato di sanguinamenti si è dimostrato significativamente inferiore con rFVIIIFc rispetto ai dati raggruppati relativi a rFVIII convenzionale riportato negli studi inclusi nell’analisi (differenza ABR medio -1,95, p=0,007). Questi dati suggeriscono che la profilassi con rFVIIIFc può richiedere un numero inferiore di somministrazioni per raggiungere un’efficacia equivalente o superiore a quella dei prodotti convenzionali, e può quindi essere associata ad un minor consumo del prodotto.

In un altro studio, Shapiro e colleghi hanno valutato la riduzione della frequenza di infusione in 80 pazienti che da terapia con FVIII tradizionale sono stati trattati con profilassi individualizzata con rFVIIIFc, e in 16 pazienti prima in terapia con fattore VIII a breve emivita e poi trattati con profilassi settimanale con fattore a emivita prolungata. La minore frequenza di infusioni con rFVIIIFc si è associata a una bassa incidenza di ABR e ad una maggiore proporzione di pazienti con un trough level di FVIII ≥1 UI/dl [40].

I vantaggi offerti dai concentrati a emivita prolungata emergono anche da un modello previsionale basato sui parametri farmacocinetici, sulla frequenza dei sanguinamenti e sull’aderenza alla terapia con rFVIII e rFVIIIFc [41].

L’analisi ha stimato che l’utilizzo del fattore ad emivita prolungata può ridurre, oltre alla frequenza delle infusioni, il consumo annuale del farmaco del 17% senza comprometterne l’efficacia e migliorando quindi l’aderenza alla terapia.

Dati di riduzione del consumo di FVIII scaturiscono anche da esperienze real world statunitensi, canadesi e tedesche. In queste pubblicazioni si evidenzia come la contrazione dei consumi oscilli dal 15% al 25,6% [42,43].

Wang e colleghi hanno condotto un’analisi retrospettiva delle cartelle cliniche di pazienti con emofilia A e B trattati con fattori ricombinanti a emivita prolungata, afferenti al Children’s Hospital of Los Angeles Hemostasis and Thrombosis Center. Sono stati inclusi nello studio 36 pazienti con emofilia A e B. Nei 17 pazienti con emofilia A il tasso annualizzato dei sanguinamenti e il tasso annualizzato dei sanguinamenti articolari si sono ridotti dopo avvio della terapia con rFVIIIFc, rispettivamente da 2,3 a 1,8 e da 1,3 a 0,7. Il consumo di fattori a emivita prolungata si è dimostrato inferiore a quello di fattori a emivita convenzionale in 9 dei 17 pazienti con emofilia A. Il consumo medio di fattore VIII era di 110 e di 90 UI/kg a settimana, rispettivamente nel caso di preparati a emivita convenzionale o prolungata [42] (Figura 2).

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Figura 2. Riduzione dei consumi di fattore VIII grazie all’utilizzo di rFVIIIFc rispetto a rFVIII. (Da [42])

 

Lo studio condotto da Keepanasseril e colleghi fa invece riferimento all’impiego di rFVIIIFc nei primi 8 mesi dalla disponibilità del preparato in Canada. Sono stati analizzati i dati relativi a 109 pazienti con emofilia afferenti a 15 Centri di 8 provincie canadesi, che avevano effettuato lo switch da fattore ricombinante convenzionale a fattore a emivita prolungata. Il consumo medio di FVIII nei 6 mesi prima e dopo lo switch a rFVIIIFc si è ridotto da 101 UI/kg a settimana a 82 UI/kg a settimana, pari a una riduzione del 19% [43].

Nel 70% dei casi lo switch è stato motivato da un miglioramento della qualità della vita rappresentato soprattutto da una riduzione della frequenza di infusioni.

L’utilizzo di fattori a emivita prolungata rappresenta dunque una valida opzione dal punto di vista di efficacia e sicurezza, migliorando l’aderenza ai regimi di profilassi grazie a schemi di infusione più graditi al paziente e a profili farmacocinetici più adattabili alla variabilità individuale [11,44,45].

 

Esperienze italiane con il fattore VIII a emivita prolungata rFVIIIFc

In Italia, l’utilizzo del fattore a emivita prolungata rFVIIIFc è iniziato a partire dal settembre 2016 [46]. Nonostante a livello regionale non siano presenti ostacoli normativi per l’accesso al farmaco, si evidenzia una differenza nell’impiego del farmaco tra i diversi centri, legata a una più o meno tempestiva adozione del concentrato.

I robusti dati di letteratura sugli effetti positivi dell’utilizzo di fattore a emivita prolungata, tanto per il paziente quanto per il sistema sanitario, trovano una conferma nelle esperienze maturate non solo dai clinici, ma anche dai farmacisti operanti nelle aziende sanitarie. L’interrogazione delle banche dati della prescrizione farmaceutica territoriale evidenzia una migliorata aderenza terapeutica con rFVIIIFc e il contenimento della spesa.

Alcune esperienze locali dimostrano chiaramente i vantaggi positivi in termini farmacoeconomici ottenibili grazie all’impiego di rFVIIIFc.

Secondo quanto riportato dall’Ufficio Distribuzione Per Conto (DPC) Regionale della Regione Calabria, che provvede all’acquisto del farmaco per tutta la Regione, si osservano i primi positivi riscontri nonostante un periodo di osservazione limitato, visto che la disponibilità di rFVIIIFc è stata solo recentemente stabilita grazie all’inserimento, a novembre 2016, della specialità medicinale nell’accordo quadro vigente nella Regione Calabria per l’acquisto dei farmaci A-PHT per la DPC. Sono disponibili al momento i dati amministrativi relativi a 6 pazienti nei quali è stata effettuata la conversione da rFVIII o pdFVIII a rFVIIIFc. L’analisi dei consumi evidenzia che il trattamento con gli altri fattori plasmatici si associava con una scarsa aderenza, dimostrata dalla irregolarità temporale delle ricette spedite presso le farmacie private convenzionate. Ad oggi è stata invece rilevata una migliore aderenza terapeutica dei pazienti associata all’utilizzo del fattore a emivita prolungata. Da evidenziare come il livello di spesa sia passato da € 1.200.000 a € 1.165.000 (dati non pubblicati) che rappresenta un risparmio complessivo del 4,4%, nonostante l’aumento dell’utilizzo di FVIII da parte dei pazienti. Nell’arco temporale 2017-2018 la migliorata aderenza terapeutica permette, grazie al favorevole profilo di farmacocinetica di rFVIIIFc, una riduzione dei consumi e pertanto dei costi del trattamento.

Un’esperienza analogamente positiva sulla spesa sanitaria è stata condotta dall’Azienda Sanitaria Provinciale (ASP) di Catania, Emofilia e Fattori della coagulazione. I pazienti emofilici nella ASP sono 71 di cui 50 trattati con FVIII, con un consumo medio annuale di questo fattore pari a 13.000.000 UI. Nel 2016, la spesa per i fattori della coagulazione è stata di € 11.733.466,50, di cui circa € 9.000.000 solo per il fattore VIII. Questa spesa rappresentava il 39,30% della spesa relativa alla distribuzione diretta. Bisogna ricordare che in Sicilia i centri prescrittori sono due, mentre i centri di distribuzione sono diversi. La distribuzione da parte della ASP del fattore VIII ad emivita prolungata rFVIIIFc è iniziata a fine 2016. Attualmente sono presenti 5 pazienti in trattamento con rFVIIIFc. I dati disponibili riguardano i tre pazienti trattati per un periodo di tempo più esteso. I tre pazienti hanno piani terapeutici sovrapponibili poiché sono stati indirizzati da rFVIII convenzionale, tre volte a settimana, a rFVIIIFc due volte a settimana. Nell’anno 2016 i pazienti sono stati trattati con rFVIII e teoricamente ciascun paziente avrebbe dovuto ricevere 156 confezioni di questo farmaco. Tuttavia, mentre due non sono risultati aderenti alla terapia (rispettivamente hanno ritirato in un anno 87 e 97 confezioni), il terzo paziente si è dimostrato ben aderente alla terapia (152 confezioni ritirate). A seguito della conversione a rFVIIIFc, era previsto un numero teorico di confezioni pari a 84 per ciascun paziente (i dati si riferiscono al periodo di osservazione gennaio-settembre 2017). I due pazienti più complianti hanno migliorato l’aderenza, come dimostra il numero di confezioni ritirato pari a 70 in entrambi i casi. Il paziente meno compliante ha ritirato 52 confezioni, un dato tuttavia che si spiega con l’aumento dell’intervallo tra le somministrazioni a testimonianza dell’efficacia del farmaco. Per quanto riguarda la spesa, il confronto tra il periodo gennaio-settembre relativo agli anni 2016 e 2017 evidenzia per i tre pazienti in questione una riduzione da € 318.892 a € 274.627, indicativa di un risparmio del 13,88% (dati non pubblicati).

Un’altra interessante esperienza con il fattore VIII ad emivita prolungata rFVIIIFc, partita a metà del 2017 è quella della zona Ovest di Milano al confine con il territorio dell’ATS di Varese con un bacino di utenza di circa 700.000 abitanti. Di questi, 23 pazienti risultano essere affetti da emofilia A, e solo 1 nel corso dell’anno è passato dal trattamento con rFVIII convenzionale al rFVIIIFc. Dal piano terapeutico si può facilmente prevedere che, se il paziente avesse effettuato il cambio di terapia ad inizio anno, ci sarebbe stata una diminuzione delle infusioni del 14% circa rispetto alla somministrazione di rFVIII a giorni alterni. Confrontando i costi di rFVIII e rFVIIIFc rispettivamente nei periodi dal 17/03 al 24/05 e dal 06/09 al 16/11 si riscontra un risparmio di circa € 9.000. Si precisa che il paziente aveva un perfetta aderenza alla terapia prescritta a base di rFVIII convenzionale e, come evinto dai dati delle dispensazioni, tale aderenza è stata mantenuta fin da subito anche con il trattamento con rFVIIIFc.

Va sottolineato che in Italia la spesa locale per l’emofilia risente di differenze legate alla situazione epidemiologica territoriale e al tipo di distribuzione del farmaco.

 

La distribuzione dei farmaci in Italia

La distribuzione dei farmaci in Italia va inquadrata in un articolato sistema logistico soggetto a cambiamenti strutturali sia per esigenze di ordine assistenziale ed economico del SSN, sia per necessità organizzativa del servizio che deve assicurare, in maniera uniforme e capillare, l’accesso al farmaco da parte dei cittadini sull’intero territorio nazionale.

La dispensazione dei medicinali nel nostro Paese avviene in ambito sia territoriale sia ospedaliero.

I fattori della coagulazione per emofilia A sono classificati nell’intero territorio nazionale come farmaci A-PHT con PT specialistico. Esclusivamente lo specialista ospedaliero può redigere le prescrizioni di FVIII, le Regioni specificano invece gli eventuali centri autorizzati alla prescrizione o gli specialisti selezionati oltre a deliberare la modalità erogativa degli stessi.

La prescrizione o piani terapeutici da parte di medici specialisti di strutture sanitarie pubbliche prevede la dispensazione del medicinale – assunto dall’assistito presso il proprio domicilio – effettuata o direttamente dalle strutture sanitarie (distribuzione diretta) o, in alternativa, per effetto di accordi specifici sottoscritti a livello locale, per il tramite delle farmacie convenzionate (distribuzione per conto).

Negli ultimi 30 anni sono avvenuti significativi cambiamenti sulle modalità distributive dei medicinali da parte del SSN.

La modifica del Titolo V della Costituzione e la Legge 405/2001 hanno determinato un nuovo assetto istituzionale delle Regioni e degli enti locali, attribuendo loro ampia responsabilità in materia sanitaria, incluse la programmazione della propria spesa e la copertura di eventuali disavanzi a carico del bilancio regionale.

L’art. 8 della legge 405/2001 introduce modalità alternative di distribuzione dei farmaci rispetto al consueto canale delle farmacie aperte al pubblico.

L’obiettivo dell’art. 8 è rivolto a garantire la necessaria continuità assistenziale sia ai pazienti in dimissione ospedaliera attraverso la fornitura del primo ciclo terapeutico, sia ai pazienti che richiedono un monitoraggio specialistico periodico presso centri di cura.

La prima modalità, indicata come Distribuzione Diretta in senso classico (DD) consiste nella erogazione del farmaco al paziente attraverso le strutture delle Aziende Sanitarie: in tal caso, le Aziende Sanitarie Locali e le Aziende Ospedaliere acquistano i farmaci, secondo le condizioni di norma previste per il Servizio Sanitario Nazionale, e li distribuiscono, mediante le proprie strutture, direttamente ai pazienti per il consumo al proprio domicilio.

La DD in realtà è una modalità di distribuzione dei farmaci che risale al 1998 con la nota CUF 37 che poi divenne nel 2000 Allegato 2 e successivamente nel 2004 PHT – Prontuario della Distribuzione Diretta per la presa in carico e la continuità assistenziale H (Ospedale) – T (Territorio).

La seconda modalità, Distribuzione in Nome e Per Conto (DPC) si basa, invece, su un accordo tra Regione/ASL e strutture territoriali (farmacie territoriali convenzionate pubbliche e private, distributori intermedi) per la distribuzione del farmaco al paziente: in tal caso i farmaci vengono acquistati dalla ASL/Regione ma distribuiti al paziente, per loro conto, dalle farmacie territoriali aperte al pubblico. Gli accordi prevedono, in genere, la remunerazione del servizio di distribuzione sulla base di una percentuale sul prezzo al pubblico del farmaco o di una commissione per confezione o ricetta.

La DD e la DPC hanno soprattutto una valenza di tutela clinica del paziente e di garanzia di continuità farmacoterapeutica ospedale-territorio, nonché di appropriatezza di utilizzo dei farmaci. Negli ultimi anni le Regioni hanno fatto ricorso, in tempi e con modalità diverse, a tali forme distributive quale strumento utile al governo della spesa farmaceutica. Questo cambiamento della distribuzione dei farmaci fa emergere tuttavia un quadro disomogeneo con profonde differenze tra Regione e Regione e persino tra le singole ASL. La realtà degli accordi regionali sulla distribuzione per conto dei farmaci che rientrano nel PHT è, quindi, estremamente diversificata.

Tuttavia, al di là del regime di dispensazione, le scelte terapeutiche operate rappresentano possibili aree migliorative di intervento ai fini dell’ottimizzazione delle risorse sanitarie utilizzate. A tale scopo i dati di erogazione della farmacia potrebbero rappresentare un valido strumento per verificare oggettivamente il livello di aderenza alla terapia dei pazienti.

Uno studio di Pérez-Robles e colleghi evidenzia infatti come la percentuale di aderenza possa essere ottenuta dividendo il numero di Unità Internazionali di fattori dispensati dalla farmacia per il numero totale stimato moltiplicato per 100 [47]. Spesso, però, questi dati non sono richiesti dal medico prescrittore il quale non ha un’idea precisa della effettiva aderenza dei pazienti alla terapia. Il farmacista ospedaliero può rappresentare quindi una preziosa fonte di informazioni per il clinico nell’articolato percorso di cura del paziente emofilico.

 

Discussione

La gestione del paziente affetto da emofilia A è complessa e difficile da ottimizzare sul piano clinico-terapeutico, assistenziale ed economico. I pazienti emofilici rappresentano un onere per assistito a carico del SSN tra i più elevati, come dimostrano i dati di spesa. Armonizzare il costo dell’assistenza sanitaria e la legittima aspirazione a una vita il più possibile vicina alla normalità da parte di quanti sono affetti da questo disturbo della coagulazione rappresenta una delle sfide più ardue per chi è chiamato a gestire la spesa pubblica. In quest’ottica, un’azione concertata dei diversi interlocutori in quest’ambito rappresenta una strada da percorrere al fine di centrare l’obiettivo della sostenibilità del sistema sanitario. Un dialogo costruttivo tra gli operatori sanitari chiamati alla presa in carico dei pazienti emofilici può costituire uno dei tasselli più importanti per l’efficacia e l’efficienza delle scelte terapeutiche. Lo scambio di informazioni, a monte dell’atto prescrittivo, tra il clinico e il farmacista ospedaliero è la base per la condivisione di una strategia terapeutica capace di rispondere ai bisogni reali del paziente e alle esigenze di un utilizzo attento delle risorse disponibili.

L’avvento di un farmaco ad emivita prolungata quale rFVIIIFc, è in grado di unire l’efficacia clinica all’efficienza economica. L’aumento della sicurezza, una miglior praticità e le conseguenti ricadute positive sulla vita dei pazienti e delle loro famiglie, rappresentano un’opportunità per l’adozione di terapie sempre più individualizzate proposte secondo una visione corale dell’assistenza sanitaria, con l’obiettivo principale di poter considerare il paziente al centro di tutti gli interventi dei diversi attori del panorama sanitario italiano.

Va sottolineato che ogni farmaco, una volta commercializzato, viene utilizzato nel cosiddetto “mondo reale” in pazienti che possono avere caratteristiche differenti da quelli arruolati negli studi registrativi, per la presenza di comorbilità oppure di una diversa storia clinica relativa alla patologia in trattamento. È indispensabile in questa fase un attento monitoraggio dell’efficacia e della sicurezza del farmaco.

Questa fragilità psicologica dimostra come il progresso dell’innovazione tecnologica in campo farmaceutico non solo nell’emofilia, ma in tutte le patologie, dovrebbe essere accompagnato da un altrettanto stretto rapporto di fiducia tra paziente e figure sanitarie come medico e farmacista ospedaliero.
La collaborazione tra tutti gli operatori sanitari coinvolti nel percorso di cura, in particolare medico e farmacista, è sostanziale per rilevare ed interpretare dati che sono diretta conseguenza dell’aderenza al trattamento: un farmaco è efficace se somministrato nei tempi e nei modi corretti, e un paziente soddisfatto della propria cura sarà molto probabilmente un paziente aderente. È quindi fondamentale che il prescrittore sia a conoscenza se il paziente non ritira il farmaco da lui prescritto, perché le ricadute in termini di salute, e poi economiche per tutta la società, possono essere estremamente gravose. Si ritiene pertanto necessario creare un percorso virtuoso affinché i dati di consumo e quelli di prescrizione siano resi disponibili in modo chiaro, continuo e critico.

Nel SSR Lombardo, così come in altre regioni italiane, le farmacie che erogano i FVIII non sono sempre in diretto contatto con gli specialisti, dal momento che questi potrebbero operare in strutture ospedaliere diverse dalla propria. Molto spesso, inoltre, i dati di aderenza riferiti dai pazienti sono inattendibili; per ovviare a ciò il farmacista ospedaliero, soprattutto in contesti in cui la distribuzione dei FVIII è diretta, potrebbe giocare un ruolo chiave nel trasmettere agli specialisti i dati di aderenza.

La pianificazione e l’attuazione dell’erogazione diretta dei farmaci sono un aspetto di fondamentale importanza non solo come strumento di controllo e contenimento della spesa farmaceutica, ma anche come strumento di analisi farmaco-epidemiologica.

La pubblicazione di un “bollettino” periodico dove i farmacisti coinvolti nella filiera dei FVIII possano fornire i dati di aderenza rispetto a specifiche aree geografiche, periodi temporali, e tipologia di pazienti (ad esempio, età e sesso) potrebbe rappresentare un valido strumento per il SSN utile a favorire un uso delle risorse destinate ai FVIII più orientato verso scelte sostenibili e contemporaneamente “gradite” al paziente. In questo modo gli stakeholders, possedendo tutti i dati, sarebbero in grado di agire tempestivamente nel dare al paziente le giuste informazioni per aumentare ulteriormente la sua aderenza al trattamento.

Medici, farmacisti e direzioni centrali e/o assessorati devono collaborare per creare queste strutture informative.

 

Conclusioni

La disponibilità di precisi dati sull’aderenza terapeutica dei pazienti emofilici, sui ricoveri ed i consumi di farmaci ed il relativo costo per il SSN consente di evidenziare con ancora maggior chiarezza il beneficio apportato dai nuovi fattori a lunga durata di azione. In quest’ottica una sempre più stretta collaborazione tra due figure professionali cardini nel percorso di cura di un paziente emofilico, ovvero medico e farmacista ospedaliero, è assolutamente necessaria per consentire al paziente di essere guidato verso la miglior terapia disponibile senza alcun timore e senza alcun indugio.

 

Ringraziamenti

Gli Autori ringraziano Danilo Ruggeri per l’assistenza editoriale prestata, per conto di Springer Healthcare Italia, nelle fasi di preparazione del manoscritto. Tale assistenza editoriale ha ricevuto il supporto non condizionante di Swedish Orphan Biovitrum (Sobi), Italia.

 

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