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11 Maggio 2020

Le Drug Consumption Rooms: promuovere la salute attraverso valutazioni etiche e di costo-efficacia

Ludovica Brofferio, infermiera presso l’Oncologia Ginecologica e Breast Unit dell’Ospedale Sant’Anna di Torino

La diffusione nel mondo

ImmagineLe Drug Consumption Rooms (DCR) sono servizi nati e diffusi in tutta Europa negli ultimi 30 anni in cui è permesso consumare sostanze stupefacenti illegali in un contesto sicuro, sotto attenta supervisione di personale sanitario esperto. 

La prima DCR è nata a Berna, in Svizzera nel 1986. Ad aprile 2018, l’EMCDDA (European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction) ha registrato 31 DCR in 25 città olandesi; 24 in 15 città tedesche; 5 in Danimarca; 13 in Spagna; 2 in 2 città norvegesi; 2 in Francia; 1 in Lussemburgo; 12 in 8 città svizzere. 

Oltreoceano, a Vancouver, InSite esiste dal 2003: dalla sua apertura circa 3 milioni di persone hanno frequentato il servizio e 5000 casi di overdose si sono risolti senza alcun caso di morte.

Un approfondimento sul tema attraverso la letteratura scientifica 

Le DCR sono finalizzate:

  • al controllo della trasmissione di infezioni attraverso l’incoraggiamento a pratiche iniettive sicure e igieniche; 
  • alla prevenzione delle overdosi fatali e non;
  • alla creazione di un contatto tra i consumatori ed i servizi socio-sanitari per il trattamento della dipendenza. 

Il contributo sociale delle DCR è tutt’altro che marginale: la loro diffusione sul territorio riduce il consumo di sostanze illegali nei luoghi pubblici, l’abbandono per le strade di rifiuti come siringhe sporche, cannucce e bottiglie e, infine, problemi di ordine pubblico nelle scene di spaccio e consumo. Generalmente sono attivate in aree urbane meno abbienti, con frequenti episodi di disordini, ghettizzazioni e violenza sociale. Esse accolgono i senzatetto o chi vive in abitazioni insalubri, ma non solo: la popolazione ai margini, quella più difficile da intercettare, ancora non intenzionata o non pronta a disintossicarsi, quella più sfuggente ai servizi sanitari, le persone che subiscono lo stigma sociale per cui l’emarginazione stessa ostacola l’accesso alle cure.

Le DCR sono terre franche sicure per le persone affette da tossicodipendenza, ma la loro apertura sul territorio è promossa non senza difficoltà e perplessità dell’opinione pubblica. C’è chi sostiene che le DCR dovrebbero essere considerate illegali per la natura stessa delle attività che si svolgono all’interno; che incoraggino il consumo di droga, facilitando l’associazione di consumatori e spacciatori e ritardando l’accesso dei tossicodipendenti alle cure specifiche; che rappresentino un utilizzo improprio delle risorse che potrebbero essere canalizzate verso la prevenzione ed il trattamento della tossicodipendenza; infine, che aggravino lo scenario del mercato della droga. 

Alcuni esempi dalla letteratura:

  • Nei pressi del servizio installato nel centro di Barcellona si è assistito ad una riduzione enorme di siringhe disperse dopo l’uso da una media mensile di circa 13.000 nel 2004 a circa 3.000 nel 2012. Nel resto del distretto il numero di siringhe è rimasto stabile, senza però subire impennate. 
  • Nel corso dell’anno successivo all’apertura di inSite il tasso di crimini locali generalmente associato al mondo della droga non è incrementato rispetto all’anno precedente.
  • Non ci sono evidenze che sostengano l’aumento del consumo di stupefacenti e della frequenza delle pratiche iniettive dopo l’apertura delle DCR.
  • Dal punto di vista dell’economia sanitaria, in un’interessante analisi statistica condotta a San Francisco è stato dimostrato che i SIF (Supervised Injection Facilities) contribuiscono ad un risparmio ragguardevole, riducendo il tasso di infezioni da HIV e HCV, di infezioni cutanee di natura vascolare e dei tessuti molli, di trasporti presso i dipartimenti di emergenza e di ricoveri ospedalieri. Per un dollaro impiegato nei SIF ne sono stati stimati 2,33 di risparmio. 

Lo scopo principale delle DCR è quindi di promuovere la salute su diversi fronti, attraverso:

  • Garanzia di materiale-  sterile e monouso – per l’iniezione di stupefacenti 
  • Disponibilità di servizi di counselling prima, durante e dopo il consumo
  • Assistenza medico-infermieristica in caso di overdose
  • Garanzia di cure integrate che facilitino l’inserimento in programmi di disintossicazione e di trattamento con terapie sostitutive con metadone o buprenorfina
  • Esecuzione di test sierologici per la diagnosi di malattie infettive (HCV, HBV, HIV, LUE,..) per rendere le persone consapevoli del proprio stato di salute
  • Prevenzione delle lesioni cutanee e medicazioni avanzate
  • Educazione all’utilizzo del naloxone in caso di overdose all’esterno delle DCR
  • Educazione al rispetto delle regole imposte dal servizio come il divieto assoluto di scambio di sostanze
  • Disponibilità di drug checking: la presenza di tracce di fentanyl potenzia l’effetto della sostanza stupefacente, incrementando il rischio di overdose. In uno studio canadese si è registrato un 25% di casi di overdose evitati, poiché quasi l’80% delle sostanze lo contenevano. Analizzare le droghe consumate è altresì utile per studiare le componenti chimiche delle sostanze circolanti sul territorio
  • Sostegno sociale e protezione alle vittime di violenza
  • Miglioramento della qualità della vita dei consumatori, offrendo cibo, docce, vestiti, lavatrice per lavare gli indumenti, profilattici e contenitori per i taglienti. 

Gli obiettivi delle DCR nelle parole di consumatori e infermieri: la survey danese

La gestione delle DCR è affidata ad un team composto principalmente da infermieri e assistenti sociali, ma ne fanno parte anche medici specialisti, psicologi, educatori, personale amministrativo, addetti alla sicurezza, ricercatori, studenti in formazione e, non da ultimo, i pari. 

In uno studio qualitativo danese, sono state raccolte le esperienze dei clienti e degli operatori.

Un luogo non giudicante

I consumatori si sentono protetti, trattati rispettosamente, i benvenuti, incoraggiati a parlare di loro: “È bello avere un posto che sia un paradiso sicuro, un posto dove persone gentili mi accolgono, mi conoscono e sanno cosa mi succede.” Alcuni raccontano di aver vissuto situazioni miserabili prima del loro contatto con la DCR, di aver visto morire di overdose i loro amici, di aver consumato droghe in luoghi pubblici, bagni o vani scala. 

Gli operatori riconoscono che il primo passo da intraprendere affinché i pazienti cerchino supporto ed accettino di seguire un percorso di cura è la costruzione di un legame di fiducia. La fiducia richiede tempo, soprattutto da parte di persone rese arrabbiate, sospettose, deluse dalla vita stessa: “Quindi, davvero, devi dare e dare e solo allora sarai in grado di ottenere qualcosa”, sostiene un’infermiera. La fiducia reciproca permette anche di mantenere la DCR un luogo calmo e tranquillo attraverso il rispetto interpersonale e delle regole stabilite dallo staff. 

Prevenire le overdosi

La prevenzione delle overdosi passa attraverso l’informazione sugli effetti della sostanza una volta in circolo, la sensibilizzazione alla riduzione delle dosi, l’attento monitoraggio clinico e comportamentale dei pazienti. L’overdose da oppiacei è trattata con il naloxone e ossigeno-terapia. Inoltre, data la breve emivita dell’antidoto rispetto all’oppiaceo, i pazienti vengono tenuti in osservazione anche oltre l’apparente risoluzione dei segni e dei sintomi. L’overdose da cocaina, invece, è trattata con nitroglicerina e nitroprusside per il dolore toracico, calcio-antagonisti per l’ipertensione e la vasocostrizione coronarica, benzodiazepine per i sintomi comportamentali. I clienti ritengono imperativo consumare in un luogo sicuro, trattati da persone competenti in grado di salvare loro la vita e, allo stesso tempo, di proteggerli dalle infezioni utilizzando materiale sterile: “Se prendo qualcosa di troppo forte e rischio un’overdose questo è un luogo sicuro. Loro saranno sempre qui per aiutarmi”.

Prevenire le infezioni

Gli infermieri sono particolarmente attenti all’igiene e alla prevenzione delle infezioni. Essi incoraggiano i pazienti al lavaggio delle mani e alla disinfezione del sito di iniezione; prevengono lo stravaso della sostanza stupefacente, insegnando loro la corretta procedura per la venipuntura; trattano sul posto le ulcere e somministrano antibiotico-terapia; tentano di convincere i pazienti ad abbandonare la via iniettiva per preferire vie più sicure come quella orale, intramuscolare o inalatoria. Racconta una donna: “Il personale mi ha aiutata a prendere gli antibiotici e ora la mia ferità è diventata la metà”.

Collaborare con gli altri servizi sul territorio

Le DCR devono necessariamente creare ponti di collaborazione con altri servizi per riuscire nei loro intenti: dipartimenti di psichiatria, servizi per le dipendenze patologiche, servizi sociali. 

Infine, gli infermieri devono perfezionare le loro competenze relazionali: “Come infermieri dobbiamo guidare il colloquio verso la giusta direzione, focalizzarci sulle possibilità invece che sui limiti, sui punti di forza anziché sulle loro debolezze” – e conclude un’infermiera- “C’è così tanto di assistenza infermieristica, se sai a cosa fare attenzione”.

I problemi aperti 

Tuttavia, nello studio dell’efficacia delle DCR persistono alcune questioni irrisolte: 

  • Nelle aree in cui le DCR non sono presenti, il tasso di morte per overdose rimane costante. Lo stesso accade nella popolazione target che per svariati motivi non vi accede;
  • La riduzione dell’incidenza di HIV ed HCV all’interno della popolazione a rischio rimane incerta e complicata da stimare, in parte per l’assenza di un’ideale e globale copertura di tutto il territorio da parte di tali servizi ed in parte per l’influenza di problemi metodologici volti a stimare quale sia la reale efficacia delle sole DCR rispetto ad altri interventi di prevenzione;
  • La copertura sul territorio non è sufficiente per soddisfare la grande richiesta di accesso: in alcuni casi esistono liste di attesa e mancanza di risorse per ampliare orari e giorni di apertura. Alcune DCR sono itineranti, ma non comunque sono in numero sufficiente;
  • Sono tanto più efficaci quanto più possono beneficiare del consenso e del supporto delle aziende sanitarie, delle autorità locali, della popolazione generale e dei consumatori stessi, nell’ambito della promozione della salute e della sicurezza generale;
  • La diffusione delle DCR in Italia si limita ad alcune esperienze locali. Esistono distributori automatici di siringhe, i drop-in (servizi di bassa soglia per accogliere adulti in difficoltà), le unità mobili che si spostano nei luoghi di consumo; a Torino, il Progetto Itinerante Notturno che svolge attività di prevenzione ed educazione nei luoghi della movida.                                                          

Il Dipartimento delle Politiche Antidroga contava nel 2015, 189 drop-in in quattro regioni: Lombardia, Lazio, Piemonte e Emilia-Romagna. Nonostante nel 2017 gli interventi di riduzione del danno siano entrati ufficialmente nei Livelli Essenziali di Assistenza, l’Italia rimane uno dei paesi europei a non aver ancora avviato una sperimentazione formale di una DCR. 

Conclusioni

Una revisione sistematica recentemente pubblicata sulla rivista Drug and Alcohol Review documenta l’espansione internazionale delle DCR. Se consideriamo le DCR nel contesto dell’health technology assessment, è possibile rilevare significativi benefici in particolare in riferimento alla prevenzione e riduzione delle infezioni da HIV e HCV, con un positivo rapporto di costo/efficacia. 

Ci sono, tuttavia, ancora molteplici ostacoli che impediscono o rallentano una maggiore diffusione di questo approccio: conciliare problematiche di tipo etico con i benefici economici e gestionali non è sempre di facile attuazione per i decisori di spesa. Se e in quale misura implementare le DCR come un servizio a garanzia della salute rimane un argomento controverso a livello politico, di opinione pubblica e di mass media. Le stanze del consumo ricoprono una posizione ambigua e ubiquitaria nell’ambito sanitario, politico e legale. Gli stakeholders impegnati nel dibattito sono i professionisti della salute, i consumatori, le forze dell’ordine, i cittadini, la stampa e le autorità. Una rigida regolamentazione delle DCR potrebbe favorire l’accettazione delle stesse: definizione dei criteri di accesso, della procedura di registrazione dei clienti e delle sostanze consumate, degli orari e dei giorni di apertura, dello staff dedicato. 

L’efficacia e la sostenibilità delle DCR a lungo termine è spesso legata a questioni che vanno molto al di là degli aspetti clinici e di HTA. In un case report belga del 2019, in cui si approfondiscono le strategie per superare le barriere politiche e legali per l’implementazione, si conclude che il diffondersi delle stanze del consumo come risorsa per le politiche anti-droga spesso è destinato a seguire un approccio di tipo bottom-up, in base al quale gli interventi innovativi nascono da iniziative locali prima di diventare parte integrante di uno scenario sanitario, politico e sociale nazionale. 

 

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