ORTESI, PROTESI E AUSILI

Biomeccanica del piede

Lisa BERTI

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Il piede, segmento distale dell’arto inferiore, rappresenta l’espressione di un processo evolutivo che lo ha reso sempre più adatto allo svolgimento delle sue funzioni fondamentali di sostegno e di spostamento del corpo. Il piede si trova in un continuo stato di variabilità, sia durante gli spostamenti, tipici della deambulazione, sia durante la semplice stazione eretta.

La scarpa ideale dovrebbe permettere al piede di mantenere il più possibile la sua fisiologica funzione biomeccanica: il piede si comporta alternativamente ed in modo più o meno ritmico, come una struttura flessibile nella fase di adattamento al terreno e come una struttura rigida nella fase di distacco e spinta, divenendo l’effettore di una risposta motoria, modulata e finalizzata alla realizzazione cinetica di equilibrio e spostamento del corpo.

Questa attività del piede può essere sintetizzata mediante due movimenti complessi triplanari: la pronazione corrispondente allo stato di rilasciamento e la supinazione corrispondente allo stato di irrigidimento. Le singole articolazioni e i muscoli del piede partecipano al movimento complesso di pronazione e supinazione in modo armonico e concatenato, così da costituire nel loro insieme un’unità funzionale che può essere definita come la catena cinetica del piede. La catena cinetica del piede è una parte integrante della catena cinetica dell’arto inferiore e dell’intero corpo.

Durante la deambulazione è importante studiare come avviene l’alternanza dei due stati di rilasciamento e irrigidimento del piede: il rilasciamento del piede è necessario ai fini dell’adattamento al terreno nella fase di risposta al carico, mentre il piede deve diventare una leva rigida nel momento successivo della fase propulsiva del passo.

È utile analizzare non solo la catena cinetica del piede ma tutto l’assetto posturale del tronco e dell’arto inferiore, per verificare gli eventuali effetti agli altri distretti superiori, essendo la probabile causa di sovraccarichi articolari e dolore.

Bibliografia

Merton L. Root, William P. Orien, John H. Weed La funzionalità del piede normale e patologico vol.2 Edizione Italiana a cura di: S. Giannini Editore: Piccin-Nuova Libraria 1999

Valutazione del piede reumatico

La valutazione funzionale del paziente con piede reumatico è imprescindibile dalla valutazione clinica, che deve comprendere sia un esame specifico del complesso caviglia-piede in condizioni statiche e dinamiche, che un’analisi globale delle altre articolazioni sovrasegmentarie e delle performance generali del paziente.

Il cammino dei pazienti affetti da piede reumatico è caratterizzato da diverse alterazioni che risultano essere anche correlate tra loro.

Per quanto concerne i parametri della deambulazione che appaiono maggiormente modificati, emerge sicuramente la ridotta velocità di progressione: questa diminuzione può essere correlata, oltre alla presenza di dolore da carico a livello dell’avampiede con “andatura antalgica”, anche alla rigidità a livello delle articolazioni metatarso-falangee ed alla debolezza muscolare.

La riduzione della velocità del cammino può essere assunta come indice di diminuzione globale della prestazione motoria del soggetto e delle sue autonomie funzionali.

Nell’ambito delle alterazioni del cammino risultano evidenti anche la riduzione dell’escursione articolare della tibio-tarsica: in particolare si evidenzia un deficit di flessione dorsale della caviglia nella fase di contatto del tallone al suolo e successiva ridotta flessione plantare nella fase di spinta.

Si assiste pure alla perdita del normale pattern di rotolamento dal tallone all’avampiede durante la fase di appoggio del cammino. In condizioni fisiologiche i rotolamenti sono tre in successione: il primo attorno al tallone, il secondo attorno al fulcro articolare della caviglia, il terzo attorno all’avampiede. Precocemente, a causa della metatarsalgia con fuga dal carico sull’avampiede, si ha la perdita del terzo rotolamento, il cosiddetto “forefoot rocker”. Successivamente vengono persi anche il primo ed il secondo rotolamento. Di conseguenza il paziente presenta un classico cammino “a timbro” (“rheumatoid shuffle”), cioè sia la fase di appoggio che quella di spinta avvengono con un atteggiamento del piede “a piatto”.

Dal punto di vista biomeccanico si evidenzia la perdita della fisiologica alternanza tra pronazione e supinazione del piede durante la fase di appoggio del cammino. Come già premesso, durante la fase di assorbimento dell’impatto al suolo, il piede sano è pronato (si appiattisce), in eversione ed abduzione mentre la tibiotarsica è in flessione dorsale. Durante la fase di spinta il piede va progressivamente in supinazione (diventa quindi una leva rigida), inversione ed adduzione mentre la tibiotarsica è in flessione plantare. Nel piede reumatico viene a mancare l’alternanza di questi importanti meccanismi con deficit sia della fase di assorbimento dell’impatto che della fase di spinta;

Le alterazioni della deambulazione sono fortemente condizionate dalla presenza di dolore nel piede reumatico.

Nei soggetti affetti da piede reumatico, le pressioni plantari possono presentare specifiche modifiche in relazione al livello di capacità funzionale del paziente; pertanto le valutazioni baropodometriche si dimostrerebbero particolarmente utili anche negli stadi inziali di malattia, come supporto alla valutazione clinica per impostare un protocollo terapeutico e preventivo mirato. Come emerge anche dalla letteratura di revisione, in generale il piede reumatico presenta un incremento dei picchi di pressione plantare all’avampiede. Più specifiche alterazioni baropodometriche sono correlate alla presenza di aree di sovraccarico di pressione plantare, in genere associate a metatarsalgia oppure per compenso ad altre sedi del piede affette da dolore e deficit funzionale.

Le alterazioni funzionali appaiono inoltre strettamente connesse con l’instaurarsi delle deformità del piede, in base al tipo ed alla gravità. Il piede cavo può mostrare iperpressioni al tallone ed all’avampiede laterale, con lateralizzazione della traiettoria del centro di pressione. Al contrario, il piede piatto è caratterizzato da elevate pressioni nella zona dell’arco mediale e dell’avampiede centrale, con medializzazione della traiettoria del centro di pressione.

La distribuzione delle pressioni plantari nelle varie parti dell’avampiede e dell’alluce dipende a sua volta dalla presenza di complicanze ulteriori che possono affliggere il piede reumatico, come l’alluce rigido ed il valgismo dell’alluce. Le condizioni che determinano un’insufficienza funzionale e propulsiva dell’alluce, comportano una riduzione delle pressioni a livello dell’avampiede mediale e dell’alluce stesso, con conseguente sovraccarico a livello delle teste metatarsali seconda e terza e lateralizzazione della traiettoria del centro di pressione a livello dell’avampiede.

Ortesi per il piede reumatico

Il complesso caviglia-piede rappresenta una delle sedi maggiormente colpite in caso di malattia reumatica. Il disturbo combinato infiammatorio e meccanico limita la funzionatà del piede a causa del dolore e delle deformità strutturali, con conseguente perdita di indipendenza motoria per i pazienti. L’instabilità posturale che ne deriva determina a sua volta un elevato rischio di caduta.

Il ruolo delle ortesi nel piede reumatico si dimostra quindi di primaria importanza con finalità di trattamento e di prevenzione. Come primo obiettivo, la calzatura con TOMAIA AUTOMODELLANTE rappresenta la soluzione più idonea per il paziente per alloggiare le deformità del piede. L’avampiede del paziente reumatico si presenta allargato con alluce valgo, con sublussazione delle articolazioni metatarso-falangee e deformità a martello delle dita: il paziente non riesce ad indossare le scarpe normali perché non contengono le deformità e provocano elevato dolore. L’extratomaia della scarpa potrebbe alloggiare le deformità ma determina delle frizioni interne, mentre la versione automodellante costituisce il compenso più adatto a seguire le alterazioni strutturali del piede.

Un altro scopo prioritario dell’ortesi è costituito dalla necessità di riequilibrare le pressioni plantari riducendo i sovraccarichi: questo viene realizzato mediante la SUOLA BIOMECCANICA della calzatura ed attraverso l’impiego di PLANTARI.

La forma della suola biomeccanica favorisce i fisiologici rotolamenti che avvengono durante il passo a livello di tallone, tibio-tarsica ed avampiede. La scarpa biomeccanica nella versione semi-rigida è in grado di fornire un supporto aggiuntivo alla deambulazione, facilitando soprattutto la fase propulsiva e riducendo il dolore all’avampiede durante la spinta nell’appoggio terminale. Il cammino viene favorito con incremento della velocità e della fluidità articolare, distribuendo più uniformemente le pressioni plantari.

I plantari di compenso introdotti all’interno delle calzature hanno il compito di migliorare ulteriormente le pressioni plantari, con riduzione del dolore da sovraccarico e facilitazione funzionale delle attività motorie dell’individuo. L’effetto compensatorio del plantare si realizza sia mediante la forma del plantare stesso, sia mediante i materiali utilizzati. La forma del plantare di compenso si adatta alla deformità del piede aumentando la superficie di appoggio con conseguente riduzione dei picchi di pressione. I materiali viscoelastici ammortizzanti ridistribuiscono le forze di reazione piede-suolo con miglioramento del comfort e riduzione dello stress in alcune strutture del piede come il tallone e le teste metatarsali.

La soluzione ortesica deve essere scelta in modo specifico per ciascun paziente secondo un’ottica costo-beneficio. La scelta sarà a personalizzazione crescente con il progredire della gravità delle deformità del paziente e del degrado funzionale. Si ha a disposizione un’ampia gamma di possibilità: standard, standard con adattamenti personalizzati, realizzazioni su misura.

Le ortesi garantiscono la possibilità di controllo del dolore per il paziente con il compenso delle alterazioni funzionali deambulatorie, in una prospettiva di mantenimento dell’indipendenza motoria in sicurezza e di promozione di uno stile di vita attiva.

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