La Disfagia
Disfagia in oncologia: fattori predisponenti, aggravanti e prognostici
Riccardo SOLLAZZO1, Iwona JEDRYCHOWSKA2, Daniela TACCAGNA2,3, Isabella SPRINGHETTI2
1 UO di Riabilitazione Neuromotoria
Istituti Clinici Scientifici Maugeri, sede di Pavia
2 UO di Riabilitazione Neuromotoria sez. Oncologica
Istituti Clinici Scientifici Maugeri, sede di Pavia
3 Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa – Università degli Studi di Pavia
Scarica in PDFLa disfagia del paziente oncologico rappresenta un tema di grande interesse per la medicina riabilitativa.
Si parla di una condizione clinica ben più diffusa di quanto non appaia superficialmente, con un ampio spettro di quadri clinici differenziati per gravità ed espressione, definiti dall’incontro di diversi fattori concorrenti. Tali fattori sono tra loro correlati e, a seconda dello stadio della malattia e del contesto in esame, possono essere predisponenti o aggravanti, ma, allo stesso tempo, possono avere un valore prognostico.
Il paradigma della valutazione della disabilità in oncologia, come evidenziato nella Figura 1, (1) risulta appropriato anche nel caso del disturbo disfagico.
Figura 1 Schema per la valutazione della disabilità nel paziente oncologico. L’interazione tra i fattori origina la disabilità, mentre la presa in esame di ciascuno di essi consente di pianificare il percorso riabilitativo integrato (da Springhetti et al. modificata) (1)
Il modello consente al riabilitatore la presa in esame di tutte le variabili che entrano in gioco, adattandole al contesto oncologico. In esso si evidenziano i quattro pilastri dell’assessment del paziente: -il tumore con le sue caratteristiche, sede, dimensione e comportamento biologico, –i trattamenti messi in atto per affrontarlo, cioè chirurgia, chemioterapia, radioterapia e terapie biologiche,-la condizione clinica del paziente ex ante, e le comorbidità presenti ed infine –le attitudini psicologiche del paziente di fronte alla malattia e le risorse messe in campo per affrontarla. L’eventuale presenza/assenza di un caregiver di riferimento che possa farsi carico del supporto necessario, costituisce una risorsa esterna ma strettamente collegata alla persona del paziente, e come tale va considerata.
In oncologia, la relazione temporale esistente tra cause e sviluppo del disturbo disfagico è peculiare.
A ridosso o precocemente dopo la diagnosi, alla luce delle ormai consolidate conoscenze, riguardanti gli effetti dei trattamenti oncologici, non solo chirurgici, ma farmacologici e radianti , è doveroso monitorare il paziente in modo proattivo, anticipando i problemi e prendendo di volta in volta misure preventive, contenitive e/o curative per la disabilità conseguente. Al contrario, durante il follow up, addirittura anni dopo la conclusione delle cure, la comparsa di un disturbo disfagico potrebbe non essere messo in relazione con la neoplasia. È talora necessario un atteggiamento critico, di ricerca, per collegare causa ed effetto. È necessario investigare alla luce di segni non immediatamente correlati alla deglutizione (es. dolore, dimagramento, disturbi digestivi) in pazienti che sono stati affetti da neoplasie distanti o diffuse (es. linfomi, mieloma multiplo). Si tratta spesso di sintomi “lievi”, discretamente tollerati, che tuttavia, senza una valutazione clinico funzionale e presa in carico riabilitativa, inducono un peggioramento del livello di qualità di vita. Tabella I
Fase di malattia | Monitoraggio specifico | Azione |
1.- Post diagnosi
pre trattamenti |
Anticipare le possibili menomazioni trattamento correlate- ( es. mucosite)
Ricercare menomazioni preesistenti correlate a comorbilità ( es. edentulia) Considerare altri fattori predisponenti ( es. farmaci abituali) |
Preventiva / contenitiva |
2.- Durante i trattamenti | Riscontro dei problemi in tempo reale | Contenimento/cura dei danni funzionali/ |
3.- Post trattamenti /follow up | Riscontri occasionali / Indagare a ritroso su terapie effettuate e correlabili | Contenimento del danno funzionale |
4.- Ripresa di malattia | Come Fase 2.- | Come Fase 2.- |
5.- Fase terminale | Come Fase 2.- | Trattamento sintomatico |
Fattori: 1.- Il tumore
Il tumore può essere responsabile dello sviluppo di disfagia in diversi modi:
1. direttamente, quando si localizza in aree coinvolte nel fisiologico processo di deglutizione accrescendosi all’interno o infiltrandole (disfagia meccanica intrinseca): questo è il caso delle neoplasie del distretto testa/collo, delle strutture dell’esofago e del cardias. In questi casi, i fattori precipitanti sono ostruzioni meccaniche endoluminali a esordio graduale ed ingravescente.
2. indirettamente, quando tumori apparentemente “distanti” possono influenzare l’insorgenza di questa disfunzione attraverso una compressione estrinseca (ad esempio i tumori polmonari, mediastinici, retrofaringei e tiroidei), (2,3)
3. attraverso lesioni localizzate a diversi livelli del sistema nervoso, coinvolte nell’atto deglutitorio. Possono essere interessati il sistema nervoso centrale, il periferico e il neurovegetativo: alterazioni a livello della corteccia frontale, del tronco, del midollo spinale e/o dei nervi cranici (V, VII, IX, X, XII) possono variamente compromettere sia il controllo centrale che la dinamica deglutitoria.
In relazione al segmento interessato la disfagia conseguente sarà quindi “alta” o “bassa” con quadri clinico funzionali quali/quantitativamente differenti.
La disfagia alta costituisce il disturbo di maggiore interesse riabilitativo perché suscettibile di rieducazione.
Al contrario, la disfagia bassa, riferita a patologie al di sotto del carrefour aero – digestivo non risulta facilmente aggredibile con gli “strumenti” della medicina riabilitativa e difficilmente arriva all’osservazione del fisiatra.
I fattori predisponenti sono quelli legati al paziente ed alle comorbilità presenti (vedasi oltre).
In generale, per quanto attiene l’espressione clinica, le due tipologie di disfagia più comuni per il riabilitatore sono riassunte in Tabella II.
Tabella II. Nella varietà dei disturbi della deglutizione due tipologie ricorrono con particolare frequenza. Si tratta della disfagia da neoplasie del distretto testa collo e di quella causata da neoplasie del SNC soprattutto legata a tumori emisferici e del troncoencefalo. In tabella i parametri con cui valutarne le rispettive caratteristiche. (da Denaro N et al. modificata) (4)
Parametro | Testa-Collo | SNC |
Strutture Anatomiche | Alterate | Normali |
Saliva | Secchezza fauci, Xerostomia | Ipersalivazione o pseudo scialorrea |
Gusto | Ridotto o alterato | Solitamente intatto |
Masticazione | Edentulia | Ipovalida per ipostenia |
Contenimento orale | Spesso intatto | Problematico |
Innesco del riflesso | Conservato | Ritardato lento |
Consistenze difficili | Dipende dal danno strutturale | Generalmente i liquidi |
Movimenti deglutitori | Ridotti ma non ritardati | Ritardati e ridotti |
Aspirazione | Post deglutitoria sui residui di cibo | Spesso intra o post deglutitoria |
Fattori: 2.- Il paziente
Stile di vita
A partire dallo stile di vita, i fattori personali possono in larga misura condizionare il quadro clinico complessivo e la risposta alle terapie. L’eventuale presenza di fattori di rischio noti costituisce un elemento sia predisponente per l’insorgenza di disfagia che aggravante nel corso della malattia. Due condizioni frequenti come tabagismo e alcolismo attivi spesso condizionano processi irritativi a livello della mucosa delle vie digestive (esofago di Barrett) e respiratorie, ricoprono un ruolo predisponente di primo piano, potenziandosi a vicenda in chi abusa tutti e due. Lo stile di vita influenza inoltre il livello di massa magra, il livello di condizionamento motorio e cardiovascolare che a loro volta possono interagire con eventuali alterazioni della deglutizione preesistenti.(4)
Personalità
Gli aspetti personologici del paziente, sono importanti perché condizionano lo stile di vita e quindi anche le risposte comportamentali poste in atto nei confronti sia della malattia oncologica in generale, sia nei confronti di elementi aggravanti contestuali.
Condizione fisica: sarcopenia
Si è detto come il livello di massa magra e la condizione cardiovascolare ottimale siano correlati con migliori risposte alla malattia. Purtroppo, una situazione di frequente insorgenza nei pazienti oncologici è la sarcopenia. La perdita di massa muscolare e la contestuale perdita di funzione deve coinvolgere globalmente tutti i distretti corporei, compresi i muscoli che partecipano direttamente all’intero processo deglutitorio. Quando la sarcopenia è confinata alla sola muscolatura deglutitoria, non si può parlare di disfagia sarcopenica, come accade ad es. nella SLA e in alcune miopatie. Nei casi di disfagia sarcopenica vera, se non viene attuato un monitoraggio proattivo, la diagnosi può concludersi ex post, solo in seguito all’evidenza clinica di malnutrizione e cachessia.
Comorbilità
In caso di invasione neoplastica delle strutture interessate o in presenza di effetti collaterali della chemio/radioterapia, i fattori legati alla neoplasia possono combinarsi con situazioni cliniche e patologie già in atto, arrivando a moltiplicare il loro effetto e ad aumentare il rischio di insorgenza di disfagia per slatentizzazione o aggravamento di condizioni preesistenti.
Tra le comorbidità più note da tenere in considerazione per l’impatto sulla deglutizione vi sono
— malattie cerebrovascolari,
— patologie del sistema immunitario come la dermatomiosite o la sclerodermia.
— malattia da reflusso gastroesofageo ed ernia iatale, isolate o frequentemente presenti in caso di sovrappeso e obesità.
Costituiscono presupposti per la comparsa o aggravamento di disfagia alta:
– patologie degenerative del sistema nervoso, primitive come la malattia di Parkinson o secondarie come ad es. la neuropatia diabetica,
— malattie della giunzione neuro-muscolare (come la miastenia gravis in timoma)
Queste ultime si possono presentare in forma paraneoplastica, come la polimiosite.
Inoltre, possono essere causa di disfagia bassa anche infiammazioni croniche preesistenti della mucosa esofagea, come l’esofagite peptica, o più raramente l’esofagite di Barret, la sindrome di Plummer -Vinson, l’acalasia, lesioni caustiche preesistenti o addirittura stenosi esofagee tardive radioindotte da pregressi trattamenti, p.es. da radioterapia sul rachide dorsale.(5)
Età
Particolare attenzione deve essere posta all’evoluzione neurofisiologica dell’organismo in età avanzata. Il processo coinvolge le strutture della parte superiore del tratto aero-digestivo e quelle circostanti. Con l’invecchiamento si manifestano diverse alterazioni funzionali coinvolgenti le componenti biomeccaniche e neurologiche della deglutizione. Edentulia, e il relativo prolungamento della fase orale, possono essere presenti in modo variabile, anche in relazione alle cure riservate a quest’aspetto in età precedenti. Altri fattori da considerare includono le modificazioni anatomiche della colonna, come iperlordosi cervicale conseguente a deformità somatiche e apofisarie vertebrali, riduzione dell’elasticità miofasciale delle strutture limitrofe, ridotta elevazione laringea e ipostenia. Una riduzione della sensibilità orale e laringea, associata a perdita della capacità di controllo da parte del sistema nervoso centrale può causare un ritardo nell’innesco del riflesso e nella motilità successiva, ristagno nei seni piriformi e aumento della penetrazione laringea. In questi casi si parla di presbifagia primaria, per distinguerla dalla forma secondaria che si manifesta a seguito di eventi patologici ai quali l’anziano è maggiormente esposto (malattie cerebrovascolari e/o neurodegenerative). Nonostante le premesse, la distinzione tra le due forme primaria e secondaria non è così immediata e la diagnosi è frequentemente retrospettiva, venendo posta spesso solo quando si manifestano malnutrizione e disidratazione.
Farmaci
Nell’ambito delle comorbilità, le terapie abituali sono elementi potenzialmente impattanti sull’insorgenza o sull’entità della disfagia. È comune che il paziente faccia uso di una varietà di farmaci che possono interagire tra loro.(6) (Tabella III).
Tabella III. La tabella riassume le interazioni legate ai principali principi attivi. (da Balzer K. modificata) (6)
Meccanismo d’azione | Molecola | Note | |
EFFETTO COLLATERALE | -Effetto anticolinergico o antimuscarinico
-Inibizione trasmissione dopaminergica -Xerostomia -Blocco giunzione NM |
-Atropina, Ipratropio, Ossibutinina, Scopolamina.
-Antipsicotici (Chloropromazina, Haloperidolo, Olanzapina, Quetiapina, Risperidone) -ACE inibitori (Captopril, Zestril), Antiemetici (Ondasentron, Metoclopramide), Antiistaminici e decongestionanti Antidepressivi SSRIs (Citalopram, Fluoxetina, Sertralina, Venlafaxina) Antidepressivi TCAs (Amitriptilina, Imipramina) -Antibiotici (Aminoglicosidi, Penicillamina, Succinilocolina) |
|
COMPLICANZA DELL’AZIONE TERAPEUTICA | -Miopatia
-Azione depressiva su SNC -Diminuzione del controllo muscolare volontario, e/o della motilità esofagea |
-Steroidi (desametasone, prednisolone, prednisone)
Statine -Antiepilettici (Carbamazepina, Gabapentin, Acido valproico) Benzodiazepine (Alprazolam, Clonazepam, Lorazepam) Analgesici maggiori (Morfina, Codeina, Oxycodone, Fentanyl) -Miorilassanti (Baclofen) |
-Uso cronico / alto dosaggio
-Diminuzione vigilanza, difficoltoso innesco deglutitorio |
DANNO TOSSICO IRRITATIVO DIRETTO | -Irritazione della mucosa esofagea e/o ulcerazione | -Bifosfonati (Alendronato)
NSAIDs (Ibuprofene, Indometacina, Ketoprofene) Potassio cloruro (formulazioni per os) Preparati di ferro per os, Vit C Antibiotici (minociclina, tetracicline) |
L’entità del disturbo disfagico dipende dal cumulo degli effetti. Più nello specifico, le interazioni tra farmaci possono :
1. amplificare un preesistente effetto non voluto di altro farmaco, o
2. agire come effetto collaterale, oppure
3. incrementare l’azione terapeutica cercata, oppure isolatamente,
4. causare danno tossico diretto su strutture.
Fattori: 3. – I trattamenti oncologici
La disfagia è una prevedibile conseguenza dei trattamenti a cui viene sottoposto il paziente oncologico, in particolare chi è affetto da tumori del distretto testa collo.
Le lesioni causali possono insorgere direttamente dalle strutture coinvolte nella deglutizione come esito di operazioni chirurgiche del complesso maxillo facciale, toracoaddominale o nel contesto di interventi otorinolaringoiatrici.
D’altro canto, anche gli interventi neurochirurgici di asportazione di neoplasie encefaliche o troncoencefaliche possono indurre lesioni delle strutture nervose deputate al controllo della deglutizione.
Infine, chemioterapici, immunosoppressori, terapie biologiche e trattamenti radianti, effettuati su neoplasie sistemiche, possono indurre o aggravare disfagia con meccanismi diversi.
Chirurgia
Per quanto attiene alle operazioni chirurgiche, gli effetti possono comportare amputazioni locali degli organi coinvolti e destabilizzazione mandibolare (pavimento orale, lingua, denti, rinofaringe, orofaringe, palato molle, palato duro e seni mascellari, esofago), lesioni neurologiche del basicranio con interessamento dei nervi cranici (V, VII, IX, X e XII) o lesioni dei nuclei e delle vie centrali. Spesso si ricorre a ricostruzioni della parte lesionata, che risolvono l’aspetto estetico e non quello funzionale.(7,8)
Un fattore sottovalutato riguarda la disfagia post estubazione, che coinvolge dal 3 al 60% dei pazienti intubati. Il dato è interessante poiché l’intubazione, se di breve durata, è causa di disfagia generalmente reversibile. Il meccanismo lesivo sottostante è un’alterazione della meccanica fisiologica di protezione delle vie aeree dovuta a debolezza neuro-muscolare, soprattutto in caso di intubazioni prolungate. Questo effetto può essere aggravato in presenza di concause predisponenti come alterazioni sensoriali o cognitive, reflusso gastro-esofageo e dall’effetto deleterio di alcuni farmaci sulla coordinazione respirazione-deglutizione (es. morfina, midazolam). La disfagia post estubazione è associata ad aumentato rischio di aspirazione nelle vie respiratorie e, se l’aspirazione è silente, viene diagnosticata solo quando si associa a polmonite ab ingestis.(9–11)
Chemioterapia
Le mucositi del cavo orale, dell’esofago e del tratto gastroenterico sono disturbi comuni delle terapie antiblastiche, ricorrendo in circa il 40% dei pazienti sottoposti a chemioterapie a dosaggi standard per neoplasie in vari distretti, e in quasi il 100% dei pazienti sottoposti a radio/chemioterapia del distretto testa-collo.
Agenti particolarmente stomatotossici sono: le fluoropirimidine, i derivati del platino, le antracicline, gli antimetaboliti ed i taxani, utilizzati in numerosi tumori solidi, tra cui mammella, polmone, stomaco, colon e ovaio.
Nei tumori testa/collo il trattamento antiblastico comprende regimi platinum-based (cisplatino oppure carboplatino) variamente schedulati (giornaliero vs settimanale vs trisettimanale) come monoterapia, oppure in combinazione con altri farmaci (5 Fluorouracile) e/o radioterapia.
L’effetto è transitorio e dose dipendente, con insorgenza a circa 5 giorni dall’inizio del trattamento ed un picco a 7-14 giorni. Tale condizione spesso si aggrava per sovrapposizioni infettive micotiche, come quelle da candida o virali come quelle erpetiche o aftose.(7,8,12)
Le terapie biologiche (cetuximab, anticorpo monoclonale anti EGFR 1), ed i farmaci immunologici sono attualmente usati nel trattamento delle neoplasie squamose del distretto cervico facciale. Tra questi, gli inibitori EGFR causano mucositi molto meno frequentemente (circa nel 2-6% dei casi).
Ovviamente l’associazione tra categorie di farmaci è gravata da maggiore tossicità acuta (ad es. tossicità ematologica) e cronica (ad es. polineuropatie).
L’interazione con altri fattori, paziente dipendenti, può aggravare l’entità del processo flogistico: malnutrizione, disidratazione, cattiva igiene del cavo orale, alterata secrezione salivare, predisposizione genetica, assunzione cibi eccessivamente caldi e/o piccanti.(5)
Alla base dell’azione dei farmaci sulla mucosa non c’è un correlato specifico con gli organi deputati alla deglutizione, ma in generale, gli agenti neoplastici (antracicline, derivati del platino, diidropirimidine, ecc) colpiscono in modo non selettivo i tessuti ad elevato turn over cellulare, quali l’epitelio orale, esofageo e gastroenterico in generale, bloccando la capacità riproduttiva delle cellule epiteliali basali. Ne deriva assottigliamento, disepitelizzazione, edema, ulcerazioni e dolore. Per lo stesso motivo, anche altri tessuti che possono essere colpiti sono: il midollo emopoietico e i bulbi piliferi.
Per quanto attiene invece all’azione dei farmaci sulle strutture nervose, le alterazioni a carico dei nervi periferici e del sistema neurovegetativo (per esempio nella polineuropatia iatrogena da antiblastici) possono condizionare una inadeguata integrazione delle informazioni afferenti/efferenti, portando quindi a incoordinazione tra le strutture coinvolte nel processo deglutitorio.(Figura 2)
Figura 2 Principali meccanismi di attacco degli agenti chemioterapici neurotossici sul nervo sensi- tivo periferico ( da Staff NP et al. modificata) (8))
Radioterapia
La radioterapia dei distretti testa-collo e cervico-dorsale può causare disfunzioni deglutitorie che variano nella gravità di espressione clinica, nei tempi di insorgenza e nella reversibilità. Nella fase acuta (durante il trattamento radiante o entro le 12 settimane dal termine) e più tardiva (dopo 2-3 mesi dal termine della terapia) le difficoltà deglutitorie possono essere condizionate da edema della mucosa, con xerostomia, odinofagia, disgeusia. Tipicamente, esse sono interamente reversibili nella fase acuta e solo parzialmente nella fase tardiva, quando le alterazioni mucosali vanno incontro a fibrosi, retrazioni, con conseguente atrofia tessutale e linfedema.
La radiotossicità tardiva, è un fattore spesso sottovalutato, ma cruciale, perchè induce xerostomia, danni dentari, necrosi mandibolari, trisma, danni neurologici a troncoencefalo, midollo, oltrechè altri possibili danni alle vie uditive e visive, al sistema ipotalamo ipofisario, all’albero vascolare e alla tiroide.
In conclusione si giunge a un quadro di disfagia persistente con conseguenze importanti sullo stato nutrizionale, nell’igiene orale e nella vita di relazione(13)
Il TDRS (Total Dysphagia Risk Score; vedi tabella IV) è uno strumento comunemente usato per valutare il rischio di sviluppo di disfagia nei pazienti con tumori nel distretto testa-collo sottoposti a trattamento chemio/radioterapico. Questa scala aiuta a predire l’insorgenza di disfagia a sei mesi dal trattamento, prendendo in considerazione vari fattori tra cui la classificazione del tumore, l’estensione dell’irradiazione, la specifica localizzazione tumorale, il calo ponderale pre trattamento e le modalità di trattamento. Il punteggio individuato indica tre possibili livelli di rischio (0-9 basso, 10-18 medio, >18 alto).(14,15)
Il rischio maggiore è associato a tumori del rinofaringe che abbiano causato un calo ponderale di oltre del 10% prima della Radioterapia, e che abbiano richiesto una Radioterapia accelerata bilaterale del collo. (Tabella IV)
Tabella IV. La tabella illustra i parametri del Total Dysphagia Risk Score (da Keiichiro Koiwai et al. modificata – Radiother Oncol. 2010 Oct;97(1):132-5)
FATTORE | LIVELLI | RISCHIO |
T classification | T3
T4 |
4 punti
4 punti |
Irradiazione collo | Irradiazione bilaterale | 9 punti |
Calo ponderale pre trattamento | 0-10%
> 10% |
5 punti
7 punti |
Sito primario del tumore | orofaringe
rinofaringe |
7 punti
9 punti |
Modalità di trattamento | RT accelerata
CT/RT |
6 punti
5 punti |
Rischio totale |
Associazioni chemio-radio terapie
In casi di malattia neoplastica recidivata e/o metastatica, l’uso di farmaci immunologici (pembrolizumab, avelumab, ipilimumab), avviene spesso in associazione con chemio- e/o radioterapia, con un’amplificazione dei rispettivi effetti collaterali, tuttavia sembra che, fra le altre, l’associazone radioterapia/cetuximab non aumenti la tossicità del trattamento radiante.(16)
I pazienti sottoposti a trattamenti di radio e chemioterapia sono ad alto rischio di malnutrizione, complicanza che condiziona il peggioramento del performance status e correla con il rischio più elevato di infezioni, e di morte. Lo stato di severa malnutrizione, già al momento delle diagnosi, impatta sfavorevolmente sulla sopravvivenza globale ed in alcuni casi selezionati è indicato reperire una via dì alimentazione alternativa (sondino nasogastrico, gastrostomia, alimentazione parenterale).
Fattori: 4.- Il caregiver
Il sistema sanitario italiano fa molto affidamento sulla figura dei caregivers per supportare e fornire assistenza ai pazienti non autonomi. Frequentemente queste persone sono familiari che vivono direttamente con l’ammalato il quale rappresenta di per sé un fattore di rischio per il benessere dell’assistente. L’esposizione prolungata alla malattia di un caro può portare ad ansia, paura, senso di inadeguatezza, isolamento, depressione e perdita della socializzazione intrafamiliare. (17)
A tale proposito, va sempre considerato il conflitto fra le esigenze di queste figure: quella riguardante la qualità dell’erogazione delle cure al paziente e quella riguardante la propria individualità e bisogni. Alcuni studi hanno dimostrato che in contesti geriatrici la presenza di un caregiver sia un fattore prognostico positivamente correlato con la qualità e la durata di vita del paziente.(18) In oncologia, il carico assistenziale è vissuto in maniera meno sovraccaricante e meno cronica da parte dei familiari rispetto a quanto emerge con pazienti di altro tipo, come ad esempio i cerebrovascolari,(19). Tuttavia, una recente revisione della letteratura evidenzia come la disfagia in età geriatrica sia percepita come particolarmente impattante.(17)
Potendo il caregiver fare la differenza nella qualità dell’assistenza verso il paziente disfagico, deve poter essere a sua volta sostenuto in questo difficile contesto: dal momento in cui assume questo ruolo gli vanno garantite corrette informazioni sulla malattia, sui trattamenti e le istruzioni tecniche necessarie per la cura.
Affinchè le persone coinvolte diventino membri attivi della squadra di assistenza, le informazioni fornite devono essere personalizzate in relazione alle priorità, comprensibili per un estraneo del settore, migliorando in tal modo la prognosi circa l’outcome del paziente oltrechè l’efficienza della spesa sanitaria.(20)
Infine, è necessario valutare la realtà domiciliare di ogni singolo nucleo familiare o sociale in generale. Una delle chiavi per un intervento efficace è lo sviluppo di un approccio di problem solving per ridurre il senso di incertezza e il relativo carico psicologico.
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1 EGFR: epidermal grow factor receptor

