ARTICOLO ORIGINALE
La Genetica nel Linfedema: attuali conoscenze e prospettive future
Sandro MICHELINI1, Elena MANARA2, Paolo MALTESE2, Stefano PAOLACCI2, Serena MICHELINI3, Maurizio RICCI4, Matteo BERTELLI2
1 Ospedale San Giuseppe ASL Roma6 – Marino (Roma)
2 Magi’s Lab Rovereto
3 Unità di Medicina Fisica e Riabilitativa – Ospedale S. Andrea – Università ‘La Sapienza’ – Roma
4 U.O. Medicina Riabilitativa – Azienda Ospedaliero-Universitaria “Ospedali Riuniti” di Ancona
Riassunto
Il Linfedema primario è una manifestazione fenotipica frequentemente determinata da mutazione genetica. I geni attualmente riconosciuti come responsabili della patologia sono diversi e le stesse mutazioni incidono in maniera diversificata e, spesso, complessa. Esistono forme familiari, sporadiche e sindromiche di linfedema. In tutti e tre i casi sono state descritte mutazioni genetiche che intervengono nel determinismo della patologia. I geni più frequentemente chiamati in causa quali responsabili sia delle forme familiari che sindromiche sono il VEGFR3 o FLT4 ed il FOXC2.
Summary
Primary lymphedema is a phenotypic manifestation frequently caused by genetic mutation. The genes currently recognized as responsible for the disease are different and the same mutations affect in a diversified and often complex way. There are familial, sporadic and syndromic forms of lymphedema. In all three cases, genetic mutations that intervene in the determinism of the pathology have been described. The genes most frequently called into question as responsible for both familial forms and syndromes which are VEGFR3 or FLT4 and FOXC2.
Parole chiave: linfedema primario – genetica
Key words: primary lymphoedema – genetics
Introduzione
Il Linfedema è una malattia determinata da alterazioni dello sviluppo loco-regionale del sistema linfatico (linfedema primario) o da asportazione chirurgica o sclerotizzazione radioterapica (linfedemi secondari, spesso a patologia oncologica). In entrambe i casi (quindi anche nelle forme secondarie) esiste una predisposizione anatomica, su base genetica, che è responsabile della manifestazione fenotipica; queste osservazioni spiegano anche il perché (a parità di età, tipo di neoplasia, tipo di intervento chirurgico, stesso operatore e di sedute radioterapiche) su quattro donne sottoposte ad intervento di quadrantectomia mammaria o mastectomia con linfadenectomia ascellare,1 su quattro sviluppa successivamente un linfedema secondario dell’arto superiore omolaterale e le altre tre rimangono con arti coincidenti in quanto a volume e consistenza tissutale. Le forme primarie appartengono al gruppo delle cosiddette “Malformazioni Linfatiche”, (ML), con il quale termine si fa riferimento ad un gruppo eterogeneo di difetti del sistema linfatico quali l’aplasia, l’ipoplasia e l’iperplasia dei canali linfatici e dei linfonodi [1] e le lesioni unifocali localizzate, costituite da canali linfatici dilatati pieni di linfa ma disconnessi dal resto del sistema linfatico [2]. In molti casi questi difetti causano linfedema, ossia un accumulo anomalo di liquido interstiziale, come conseguenza di uno squilibrio tra la velocità di produzione della linfa e la sua rimozione attraverso il sistema linfatico stesso; in altri casi le ML non sono associate al linfedema.
In passato, le ML e il linfedema primario erano considerati due entità diverse, tuttavia secondo la classificazione di Amburgo (1989), il linfedema primario è una manifestazione clinica di ML che compare negli stadi successivi della linfangiogenesi (ML tronculare) [1], mentre le lesioni extratruncolari (espressione di displasie linfatiche che possono localizzarsi nei tessuti molli o duri), note come linfangiomi cistici/cavernosi, si sviluppano durante le prime fasi della linfangiogenesi [1]. La prevalenza di ML tronculare ed extratruncolare è 1-5/ 10.000.
Nella prima fase della diagnosi, la storia clinica e l’esame obiettivo [3] dei pazienti con ML dovrebbero rivelare se la malformazione è tronculare, extratruncolare o sindromica (quadri in cui il linfedema costituisce uno degli aspetti clinici di un complesso di sintomi e segni, articolato e differente nei vari casi) se il disturbo è ereditario (familiare) o sporadico (in cui nessun altro membro della famiglia manifesta lo stesso problema) [4]. La linfoscintigrafia si è dimostrata estremamente utile per la visualizzazione di specifiche anomalie linfatiche [3]. Con questa tecnica, come noto, il radiofarmaco debolmente radioattivo viene iniettato mediante iniezione sottocutanea in prossimità delle vie linfatiche che si desiderano esaminare (ad esempio sulle mani o sui piedi nel caso si studi il circolo linfatico degli arti), e viene e ne viene, successivamente misurato, ad intervalli regolari l’assorbimento/captazione da parte dei linfonodi ascellari o inguinali, alla radice degli arti. La durata dell’esame è variabile da pochi minuti ad alcune ore in funzione del distretto osservato. La linfoscintigrafia viene eseguita per determinare se vi è mancato assorbimento del tracciante radioattivo e fornisce importanti indicazioni sull’entità e l’esatta localizzazione del difetto di sviluppo linfatico, consentendo, peraltro, di individuare quadri sub-clinici a potenziale rischio di evoluzione verso la patologia conclamata. Altri strumenti diagnostici utilizzati per chiarire le sindromi linfangiodisplasia/linfedema (anche nei neonati e nei bambini) includono la linfangioscintigrafia, la risonanza magnetica (MR linfografia e MR angiografia), la tomografia computerizzata (TC), e la linfografia 3-D a contrasto con olio, CT-SPECT, ecografia, linfografia indiretta, imaging di fluorescenza ad infrarosso (noto anche come linfografia ICG) e microlinfangiografia fluorescente [3].
La linfoscintigrafia non è sempre essenziale per la diagnosi e non vincola l’esecuzione del test molecolare [5]. La diagnosi differenziale dovrebbe includere il linfedema ereditario; sindrome linfedema-distichiasi; sindrome di Emberger; sindrome da ipotricosi-linfedema-telangiectasia; sindrome da microcefalia–linfedema–displasia corioretinica, linfedema e ritardo mentale; atresia coanale posteriore – sindrome da linfedema; sindrome di Hennekam; sindrome displasia ectodermica anidrotica-immunodeficienza-osteopetrosi-linfedema; sindrome da eccessiva crescita lipomatosa congenita, malformazioni vascolari e sindrome dei nevi epidermici; sindrome di Klippel-Trenaunay.
Le ML sono associate a diverse condizioni caratterizzate da eterogeneità allelica e di locus con diversi modelli di ereditarietà. Questa può essere autosomica dominante, autosomica recessiva o recessiva legata al cromosoma X. Sono stati riportati anche geni coinvolti nella predisposizione a linfedema secondario da intervento chirurgico [6, 7].
Le malformazioni linfatiche vengono distinte comunemente in ‘non sindromiche’ e ‘sindromiche’ e possono essere trasmesse con modalità dominante (se presente la mutazione è sempre presente anche la patologia conclamata) o recessiva (in cui l’affezione può rimanere subclinica). Le più conosciute Malformazioni linfatiche non sindromiche, trasmesse con modalità di trasmissione autosomico dominante, sono
• Linfedema ereditario 1A (MLPH1A) o malattia di Milroy, gene FLT4 (OMIM gene: 136352; OMIM malattia: 153100) [4];
• Linfedema ereditario 1C (MLPH1C), gene GJC2 (OMIM gene: 608803; OMIM malattia 613480) [8];
• Linfedema ereditario 1D (MLPH1D), gene VEGFC (OMIM gene: 601528; OMIM malattia 615907) [9];
• Linfedema bilaterale degli arti inferiori, gene CELSR1 (OMIM gene: 604523) e HGF (OMIM gene: 142409) [7, 10].
Tra le, sindromiche, trasmesse con modalità di trasmissione autosomico dominante, figurano:
• Linfedema-distichiasi, gene FOXC2 (OMIM gene: 602402; OMIM malattia: 153400) [11];
• Linfedema primario con mielodisplasia o sindrome di Emberger, gene GATA2 (OMIM gene: 137295; OMIM malattia: 614038) [12];
• Sindrome da ipotricosi-linfedema-telangiectasia (HLTS), gene SOX18 (OMIM gene: 601618; OMIM malattia: 607823) [13];
• Sindrome da microcefalia-linfedema-displasia corioretinopatia (MLCRD) gene KIF11 (OMIM gene: 148760; OMIM malattia: 152950) [14];
• Displasia oculo-dento-digitale e linfedema (ODDD), gene GJA1 (OMIM gene: 121014; OMIM malattia: 164200) [15];
• Idrope fetale nonimmune e/o difetto del setto atriale (HFASD), gene EPHB4 (OMIM gene: 600011; OMIM malattia: 617300) [16];
• Sindrome di Noonan 1, 3, 4, 6, 8 (NS), geni PTPN11, KRAS, SOS1, NRAS, RIT1 (OMIM gene: 176876, 190070, 182530, 164790, 609591; OMIM malattia: 163950, 609942, 610733, 613224, 615355) [17-21];
• Sindrome noonan-like con o senza leucemia mielomonocitica giovanile (NSLL), gene CBL (OMIM gene: 165360; OMIM malattia: 613563) [22];
• Sindrome di Costello gene HRAS (OMIM gene: 190020; OMIM malattia: 218040) [23];
• Sindrome simil-Noonan con capelli caduchi in fase ‘anagen’ (NSLH) gene SHOC2 (OMIM gene: 602775; OMIM malattia: 607721) [21];
• Sindrome cardio-faco-cutanea 1, gene BRAF (OMIM gene: 164757; OMIM malattia: 115150) [24].
Le malformazioni linfatiche sindromiche trasmesse con modalità autosomico recessiva sono:
• Sindrome da ipotricosi-linfedema-telangiectasia (HLTS) gene SOX18 (OMIM gene: 601618; OMIM malattia: 607823) [13];
• Atresia coanale posteriore- sindrome da linfedema, gene PTPN14 (OMIM gene: 603155; OMIM malattia; 613611) [25];
• Sindrome da linfedema e linfedema Hennekam 1 e 2 (HKLLS1 e 2), geni CCBE1, FAT4 (OMIM gene: 612753, 612411; OMIM malattia: 235510 e 616006) [26, 27];
• Linfedema ereditario 3 (MLPH3), gene PIEZO1 (OMIM gene: 611184; OMIM malattia: 616843) [28];
• Linfedema Hennekam 3 (HKLLS3), gene ADAMTS3 (OMIM gene: 605011) [29].
Mentre le malformazioni linfatiche sindromiche, trasmesse con modalità X-linked recessiva sono:
• Sindrome displasia ectodermica anidrotica-immunodeficienza-osteopetrosi-linfedema, gene IKBKG (OMIM gene: 300248; OMIM malattia: 300301) [30].
Esistono infine Patologie associate a ML con ereditarietà para-dominante (come conseguenza di una seconda variazione, germinale + somatica). Tra queste è utile ricordare le Malformazioni linfatiche correlate al gene RASA1 (OMIM gene: 139150) [31, 32].
Le varianti patogenetiche possono includere piccole delezioni/inserzioni intrageniche, variazioni dei siti di splicing, variazioni missenso e nonsenso. Per i geni FOXC2, GATA2, NRAS, HRAS e BRAF sono comunemente riportate delezioni/duplicazioni parziali o totali.
Considerazioni
Finalità del test
Con l’esecuzione del test genetico nelle malformazioni linfatiche tronculari è possibile:
• Identificare il difetto genico responsabile della patologia;
• Confermare la diagnosi clinica di malattia;
• Porre diagnosi differenziale;
• Accedere a trials clinici (http://clinicaltrials.gov);
• Stimare il rischio di ricorrenza per la coppia.
• Valutare eventuali consanguinei ‘asintomatici’ come possibili portatori della stessa mutazione (studio di segregazione) nei quali esiste un rischio concreto di slatentizzazione della malattia in epoche successive (prevenzione primaria)
La ricerca di variazioni nei geni sopra elencati si basa, oggi, sull’analisi di un pannello multi-genico mediante sequenziamento con tecnologia NGS (Next Generation Sequencing) delle regioni codificanti e delle relative giunzioni introne-esone.
Il pannello NGS potrebbe includere geni aggiuntivi a quelli sopra citati, per cui esistono attualmente limitate evidenze scientifiche a supporto di una possibile associazione con la patologia in esame. Dell’analisi di tali geni non vengono fornite informazioni nel referto. Il ruolo di tali geni può essere rivalutato con il progredire delle conoscenze scientifiche.
Il sequenziamento Sanger viene utilizzato per la conferma di almeno una variante potenzialmente causativa identificata mediante NGS, per la copertura delle regioni a basso coverage e per gli studi di segregazione nei familiari.
Il test si propone di identificare nei soggetti con sospetto di “Linfedema primario/malformazioni linfatiche” le variazioni presenti nei geni noti causativi. Per effettuare la diagnosi molecolare è di norma sufficiente un singolo campione di materiale biologico. In rarissimi casi è possibile dover ripetere il prelievo/raccolta. Le conoscenze sull’associazione geni-malattia e sull’interpretazione delle varianti genetiche sono in continuo rapido aumento. Pertanto è possibile che i geni da analizzare riportati possano variare tra il momento della firma del consenso informato all’esecuzione del test genetico e l’effettuazione dell’analisi stessa a seguito dell’acquisizione di nuove informazioni scientifiche e mediche. È possibile inoltre che, al momento dell’analisi, non siano ancora state identificate tutte le cause genetiche di una patologia (come appunto il Linfedema primario), ma che possano venire individuate con il progredire delle conoscenze o che si possa attribuire, nell’immediato futuro, rilevanza clinica ad una variante genetica definita oggi “di significato sconosciuto o incerto”.
Possibili risultati del test
Test positivo
L’identificazione di una o più varianti patogenetiche nei geni analizzati conferma la diagnosi clinica ed è un’indicazione per studi di segregazione nella famiglia.
Una variante è da ritenersi patogenetica se è già stata descritta in altri pazienti affetti o se il suo effetto predetto è quello di portare ad una perdita/alterazione di funzione della proteina o ad una modificazione delle interazioni proteina/proteina. In questo modo è quindi possibile determinare la diagnosi molecolare in un nuovo soggetto e/o stabilire un rischio di ricorrenza nei familiari al fine di poter poi programmare adeguate misure preventive e/o terapeutiche.
Test non conclusivo
Identificazione di una o più varianti sconosciute o di significato patogenetico incerto: varianti mai descritte e/o prive di un evidente significato patogenetico, varianti con evidenze discordanti o non sufficienti per essere classificate come probabilmente benigne o probabilmente patogenetiche nell’ambito del sospetto indagato. In questi casi si consiglia di estendere la ricerca della, o delle varianti identificate ai consanguinei del probando per valutarne la segregazione e chiarirne il contributo. Per alcuni soggetti, potrebbero rendersi necessari eventuali ulteriori indagini clinico/strumentali per l’individuazione di segni minori o un’attenta rivalutazione clinica dei segni di malattia.
Test negativo
L’assenza di variazioni nelle regioni genomiche indagate non esclude la diagnosi clinica ma suppone:
• La possibile presenza di alterazioni non identificabili mediante sequenziamento, ovvero grandi riarrangiamenti che determinano la perdita (delezione) o il guadagno (duplicazione) di estese porzioni geniche fatta eccezione per i casi per i quali può essere eseguita l’analisi del numero di copie mediante MLPA (Multiplex ligations Probe Amplification).
• La possibile presenza di variazioni di sequenza in regioni geniche non investigate con questo test, ovvero regioni regolatorie (5’ e 3’ UTR) e regioni profondamente introniche;
• La possibile presenza di variazioni in altri geni non indagati con il presente test.
Risultati inattesi
Dall’esecuzione del test richiesto potrebbero emergere risultati inattesi (ad esempio informazioni su rapporti di consanguineità, mancata correlazione familiare o relativi alla possibilità di sviluppare malattie su base genetica) determinando il fenomeno meglio noto come ‘serendepity’. Secondo le norme di legge attuali è possibile richiedere al clinico di non essere informato di tali risultati.
Indicazioni del rischio per la prole
Nell’ereditarietà autosomico-dominante, la probabilità che un genitore affetto trasmetta la variante-malattia alla prole è pari al 50% per ciascuna gravidanza, indipendentemente dal sesso del concepito. Conseguentemente il nascituro ha il 50% di probabilità di presentare la patologia.
Nell’ereditarietà autosomico-recessiva, la probabilità che un genitore portatore trasmetta la variante-malattia alla prole è pari al 50% per ciascuna gravidanza. Pertanto in caso di coppia di portatori sani si avrà il 25% di probabilità di avere un figlio affetto, indipendentemente dal sesso del concepito.
Si segnala che, in caso di penetranza incompleta e/o di ridotta espressività, è possibile che la prole, sebbene abbia ereditato la variante malattia, non presenti la patologia o la manifesti con sintomatologia più lieve.
Le varianti somatiche (cioè quelle mutazioni che non vengono individuate sulle cellule germinali circolanti nel sistema cardiovascolare ma solo su frammenti di tessuto sede della lesione) non vengono ereditate dalla prole.
Possibili limiti del test
• Limiti nella conoscenza scientifica relativa ai geni e alla patologia.
• Gli studi sul DNA non costituiscono un test diagnostico definitivo per tutti i casi e non sono esenti da possibilità di errore.
Appropriatezza prescrittiva
Il test genetico è appropriato:
• Se il paziente soddisfa i criteri diagnostici per la patologia;
• Se la sensibilità diagnostica del test è maggiore o uguale rispetto a quanto riportato in letteratura per altri test pubblicati.
• Se la prescrizione del test viene effettuata dal genetista o dall’esperto linfologo (Chirurgo generale, Chirurgo Vascolare/Angiologo, Dermatologo, Fisiatra).
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