ARTICOLO ORIGINALE
Linfedema primario in età infantile e adolescenziale: approccio classificativo, diagnostico e terapeutico
Pierluigi ZOLESIO
Dipartimento Di Neuroscienze e Riabilitazione, A.R.N.A.S. Brotzu. Cagliari. SSD Riabilitazione – Ospedale Oncologico “A. Businco”.
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Il sistema linfatico è costituito da una fitta rete di strutture vascolari e linfonodali di fondamentale importanza per il mantenimento dell’omeostasi dei liquidi corporei, per l’assorbimento dei lipidi e vitamine liposolubili, la rimozione di cataboliti cellulari di varia natura e come mezzo di trasporto delle cellule immunitarie.
Il linfedema è una condizione clinica caratterizzata da un rallentamento o dal blocco della circolazione linfatica in uno o più distretti corporei. Può essere causato da alterazioni vasali, alle quali consegue un difettoso riassorbimento dei fluidi interstiziali o un alterato trasporto della linfa. La conseguenza è un accumulo di fluidi, proteine, cataboliti, all’interno della matrice extracellulare, da cui deriva una degenerazione tissutale di tipo fibro-sclerotico e/o fibro-adiposo.
Il linfedema si manifesta con un edema dapprima transitorio poi persistente, localizzato in uno o più distretti corporei. Inoltre la stasi linfatica determina un aumento del rischio di infezione a causa dell’instaurarsi di un basso grado di infiammazione cronica tissutale concomitante ad una diminuzione delle difese immunitarie periferiche.
In realtà la “patologia” del sistema vascolare linfatico, non è rappresentata dal solo linfedema delle estremità, ma sono possibili anche alterazioni delle strutture linfatiche presenti nella regione toraco addominale, da cui può derivare ad esempio il varsamento chiloso pleurico, pericardico, ascitico, addirittura in sede retroperitoneale, il reflusso chiloso o la linfangectasia intestinale. Tali condizioni cliniche sono spesso sottostimate o misconosciute e di conseguenza, né correttamente diagnosticate, nè adeguatamente trattate.
L’insorgenza del linfedema primario o congenito, è dovuto ad un difetto intrinseco, presumibilmente genetico, del drenaggio linfatico, mentre il linfedema acquisito o secondario identifica uno specifico stimolo o agente esterno che ha danneggiato le vie di conduzione linfatica, come traumi o interventi chirurgici1.
Le cause eziologiche del linfedema primario, o congenito, possono essere di origine genetica, come ad esempio le forme eredo-familiari e idiopatiche, o non-genetica, in cui alcuni fattori esterni intervengono nelle prime fasi dello sviluppo embrionale.
Cronologia dell’evoluzione nello sviluppo del sistema linfatico
Il fattore di trascrizione SOX18 induce l’espressione del PROX1, che conferisce l’identità linfatica alle cellule endoteliali ematiche. Il PROX1, infatti, è responsabile della germinazione cellulare dall’endotelio venoso e della loro differenziazione in cellule endoteliali linfatiche (LEC). Quest’ultime vengono raccolte nel sacco linfatico e, attraverso la differenziazione dettata dal legame VEGFC-VEGFR3 e da altri geni coinvolti, favoriscono la replicazione delle stesse LEC, la formazione dei capillari linfatici iniziali e della rete del plesso linfatico dermico. Andando avanti nello sviluppo embrionale, si ha un coinvolgimento del FOXC2 determinante per l’attivazione del corretto processo di formazione delle valvole presenti nei vasi collettori linfatici16.
Classificazione del linfedema primario su base genetica
La tradizionale classificazione del linfedema primario, pubblicata nel 1934 e successivamente aggiornata nel 1957, si basava sull’età di esordio fenotipico, suddividendo il linfedema in congenito o connatale (<1 anno), precoce (< 35 anni) e tardivo (> 35 anni).2,3 Attualmente questa classificazione, non risponde più alle necessità di adattamento alla genetica: come è possibile, infatti, categorizzare i diversi fenotipi di linfedema in sole tre forme basate sull’età di esordio? Inoltre, i termini precoce o tardivo risultano obsoleti e fuorvianti se intesi come unico criterio di classificazione, non contemplando alcun meccanismo patogenetico.4 Una buona classificazione deve, invece, guidare il clinico negli aspetti diagnostico e prognostico della patologia da affrontare e trattare. Per correlare il fenotipo con la genetica occorre correlare la maggior parte delle variabili fenotipiche con le mutazioni già note, ma che possa essere aperto alle mutazioni di futura scoperta. Dalla classificazione basata sull’età si è passati, quindi, ad una classificazione fenotipica più moderna, correlata alla genetica.
Una nuova classificazione del linfedema primario su base genetica, è stata redatta da uno dei gruppi europei maggiormente impegnati nello studio clinico e genetico del linfedema primario. Pubblicata nel 20105 e aggiornata nel 20136, è dotata di un algoritmo diagnostico, sviluppato su una casistica di oltre 330 pazienti, nella sua prima stesura, che guida il medico nella diagnosi della forma manifestata dal singolo paziente. La classificazione è stata recentemente aggiornata e pubblicata nel 2020, apportando sostanziali modifiche, alle stesure precedenti.11 L’algoritmo prevede la raccolta rigorosa del fenotipo clinico, dell’eventuale presenza di storia familiare positiva per linfedema e dell’età alla manifestazione dei sintomi.
L’ultimo aggiornamento della classificazione individua:
a) Un primo grande gruppo costituito:
– dalle malformazioni vascolari combinate, che includono cioè il coinvolgimento di più di un tipo di vaso11,15;
– e dalle malformazioni associate ad altre anomalie11,15.
Ambedue queste categorie possono riconoscere mutazioni geniche postzigotiche (es: mosaicismi).
In questo primo gruppo, il linfedema non è il fenomeno vascolare preponderante (può non essere presente).
b) Un secondo grande gruppo, dove le anomalie linfatiche sono suddivise in linfedema primario e malformazioni linfatiche. In ambedue queste categorie il linfedema è conseguenza di un presunto difetto genetico germinale causale (ereditario) o dovuto a mutazioni geniche postzigotiche, responsabile di un difetto della struttura o della funzione delle vie di conduzione linfatica.
Il linfedema primario è ulteriormente suddiviso in 5 categorie, nelle quali confluiscono le forme note di linfedema primario:
linfedemi associati a malformazioni linfatiche,
linfedemi sindromici,
linfedemi a coinvolgimento somatico/viscerale a insorgenza pre o post-natale,
linfedemi connatali (esordio < 1 anno di età)
linfedemi a insorgenza tardiva (esordio > 1 anno di età).
Sono note circa 20 mutazioni genetiche coinvolte nelle forme conosciute di linfedema, che codificano per proteine che agiscono intorno al percorso di segnalazione del VEGFR3. Il VEGFR3 è il recettore del ligando VEGFC. L’attivazione del complesso avvia la proliferazione delle cellule endoteliali linfatiche. Da qui nasce il disturbo principale, poiché gran parte delle mutazioni interessano il processo di trascrizione dei fattori nucleari per la replicazione delle cellule endoteliali durante la crescita e la loro funzione in età fetale8,16.
Figura 1 Algoritmo classificativo del ST George per le anomalie linfatiche primarie. I cinque raggruppamenti principali (codificati a colori) con i loro vari sottotipi clinici di malattia. Il linfedema primario è la principale caratteristica clinica nelle sezioni verde, rosa e viola. Il testo in rosso indica il test genetico suggerito e / o la diagnosi differenziale per il sottogruppo, tuttavia, i geni indicati non spiegano la causa della malattia in tutti i pazienti in ciascun gruppo. Ad esempio, solo il 70% dei pazienti con malattia di Milroy è spiegato da mutazioni in FLT4 / VEGFR3.17 FH, storia familiare; + ve, positivo; −ve, negativo. (Immagine condivisa dal St George’s Lymphovascular Research Group sotto la licenza internazionale CC BY-SA 4.0 su Wikimedia Commons). Gordon K, Varney R, Keeley V, et al. J Med Genet 2020;57:653–659.
Le 5 categorie del linfedema primario
Le malformazioni linfatiche possono presentarsi in diverse forme e determinare disturbi dello sviluppo che possono portare a evidenti difetti strutturali delle vie di conduzione linfatica. Tali malformazioni se interferiscono con il drenaggio linfatico causano linfedema (malformazioni del tronco linfatico) altrimenti rimangono come anomalie isolate senza diretto coinvolgimento delle principali vie di drenaggio linfatico e non causano linfedema (malformazioni non tronculari)11.
A questa categoria afferiscono diverse forme sporadiche, con un basso rischio di ricomparsa data la natura a mosaico delle condizioni. Il linfangioma, le malformazioni cistiche linfatiche, ecc. (vedi Algoritmo)
Il linfedema primario sindromico rappresenta una buona parte dei casi ed è associato a diverse sindromi tra cui la sindrome di Turner, Prader-Willi, Noonan, Hennekam, la sindrome mielodisplasica (Berger syndrome), l’ipotricosi linfedema-telangectasia. Queste sindromi sono variamente legate a mutazioni genetiche. Il linfedema, quando presente, è localizzato a mani e piedi e/o idrope, ma il carattere identificativo delle forme sindromiche è il dismorfismo.
Il linfedema con coinvolgimento somatico e viscerale riconosce alcune forme: multisegmentale, generalizzata, idrope fetale linfatico-relata, anomalia della conduzione linfatica centrale. Per coinvolgimento somatico o viscerale si intende la presenza di un versamento pericardico e pleurico, spesso anche presente a livello fetale come idrope, ossia la presenza di edema in uno o più distretti del feto. In molti casi si riscontra anche una linfangectasia intestinale, cioè una displasia dei vasi linfatici che provoca una impossibilità di riassorbimento di chilomicroni, vitamine liposolubili e proteine, portando spesso ad una enteropatia proteino-disperdente. La forma multisegmentale con coinvolgimento sistemico è un modello asimmetrico di distribuzione dell’edema, con una storia familiare negativa e, quindi, un basso rischio di ricomparsa. Ad oggi non presenta mutazioni genetiche note.
La sindrome di Hennekam, al contrario, è un esempio di forma somatica generalizzata caratterizzata da un edema diffuso più uniformemente, ed una possibile storia familiare positiva solitamente a trasmissione autosomica recessiva. Nel 23% dei casi è riconosciuta una mutazione genetica a carico di CCBE1. Il fenotipo della sindrome di Hennekam è caratterizzato da linfedema ai 4 arti, linfangiodisplasia intestinale e polmonare, ipertiroidismo e ritardo mentale. I caratteri somatici facciali sono viso appiattito, ponte nasale piatto e ipertelorismo.5,6
Il linfedema connatale ha esordio entro il primo anno di età ed è legato ad un’alterazione della linfangiogenesi. Un esempio è la sindrome di Milroy, caratterizzata da esordio neonatale e storia familiare positiva negli ascendenti. La distribuzione dell’edema è prevalente a gambe e piedi, con caratteristico gonfiore del dorso del piede, presenza di pliche persistenti tra le falangi e verticalizzazione ungueale. L’edema si presenta spesso alla nascita come duro e organizzato, perché la mutazione del recettore VEGFR3, determina una ridotta crescita delle cellule endoteliali linfatiche, coinvolgendo soprattutto i capillari linfatici iniziali. Questa sindrome è associata, talvolta, a ectasia della grande safena, suggerendo che la mutazione genetica possa rivestire un ruolo anche nella competenza valvolare a livello venoso. La descrizione di Milroy risale al 1892 con il riconoscimento di 23 casi di linfedema in 6 generazioni successive.9
La malattia Milroy-like ha le stesse caratteristiche fenotipiche della Milroy, ma non presenta una mutazione specifica (VEGFR3 negativo). Esiste tuttavia una famiglia di Milroy-like (3 generazioni) in cui è presente una mutazione non più nel recettore, bensì nel ligando VEGFC, che comunque compromette la ricrescita delle cellule endoteliali linfatiche, con un linfedema che ha le stesse caratteristiche fenotipiche alla nascita. Nell’ultimo aggiornamento della classificazione, questa alterazione, prende il nome di Congenital Primary Lymphedema of Gordon, dal nome della ricercatrice che ha descritto tale forma.
In un lavoro pubblicato nel 2010, gli autori sostengono che il linfedema di Milroy, non è dovuto a un’aplasia, ma ad una disfunzione dei vasi linfatici. Nello studio gli autori dimostrano che è ridotta la presenza o la funzione dei capillari linfatici iniziali. Come precedentemente fatto cenno, anche nel funzionamento delle valvole venose è presente un’influenza mutazionale del VEGFR3.7
L’ultima categoria è rappresentata dal linfedema a insorgenza tardiva (cioè il linfedema che si sviluppa dopo il primo anno di età), manifestabile in diverse forme. L’età di insorgenza è di solito quella puberale, intorno ai 10-12 anni, in questi casi la distribuzione dell’edema è prevalentemente localizzata agli arti inferiori.
Il Linfedema Distichiasi presenta nel 95% dei casi una mutazione del gene FOXC2. La distichiasi è la presenza di una doppia fila di ciglia, con introflessione della fila più interna verso l’interno dell’occhio provocando congiuntiviti ricorrenti. Il linfedema distichiasi prevede anche una familiarità con mutazione autosomica dominante e, nel 10% dei casi, forme di cardiopatie associate17. Il FOXC2 è deputato alla normale funzione e mantenimento delle valvole dei vasi venosi e linfatici e una sua mutazione comporta un’alterato dinamismo (progressione) della linfa all’interno dei collettori linfatici superficiali e profondi, a differenza della sindrome di Milroy dove è dimostrato un alterato o assente ingresso di linfa a livello iniziale del capillare linfatico iniziale.10
Un altra patologia relativamente frequente che esordisce in età puberale è la malattia di Meige, anche conosciuta come linfedema cronico familiare del secondo tipo. La malattia di Meige presenta una storia familiare positiva, con trasmissione autosomica dominante e un’incidenza 3:1 come rapporto femmine/maschi. Questa forma non ha nessuna mutazione genetica certa se non in qualche caso, dove è presente una mutazione a carico di GJC2. Quando la storia familiare è negativa si parla di malattia Meige-like.
In conclusione, la genetica applicata alla fisiopatologia ci aiuta a comprendere che il linfedema congenito o primario, non è paragonabile al linfedema secondario, in gran parte di origine post-chirurgica secondario a interventi coinvolgenti le strutture linfatiche linfonodali o vasali. Inoltre da più recenti studi si è dimostrato che il linfedema congenito o primario, nelle forme a mutazione genetica nota, abbia origine in un difetto vascolare e non linfonodale. Infatti nella malattia di Milroy si è in presenza di un mancato ingresso di fluidi interstiziali nel capillare linfatico iniziale, mentre nel Linfedema Distichiasi e nella malattia di Meige vi è un difettoso transito della linfa all’interno dei collettori linfatici.
È importante quindi, possedere un’adeguata conoscenza delle basi fisiopatologiche di ogni forma singola di linfedema primario a noi nota. Soprattutto in relazione alla potenziale applicazione di tecniche chirurgiche nel linfedema primario, occorre molta prudenza, se non è ben noto lo sviluppo del sistema linfatico, se non si effettuano mirati esami strumentali quali la linfoscintigrafia, la linfangio-RM e l’ecografia ad alta risoluzione, oltre ai test genetici che confermino e aiutino a classificare la forma clinica da affrontare in ambulatorio.
Un domani, grazie all’identificazione di ulteriori geni attraverso il sistema NGS (Next Generation Sequencing system), che garantisce un’analisi estremamente ampia dei geni, la classificazione sarà guidata dalla genetica in grado di correlare nuove mutazioni genetiche anche a piccole varianti fenotipiche.
Aspetti clinici peculiari e indirizzo diagnostico
Per quanto riguarda il linfedema connatale, esistono fenotipi apparentemente molto simili, che si manifestano ad esempio con caratteristico edema del piede e delle dita, in apparenza facenti parte della stessa categoria. Invece sono identificabili in forme ben definite, siano esse sindromiche, ereditarie o sporadiche (non familiari) (V. Figura 2).
Le forme connatali, manifestano prevalentemente la distribuzione dell’edema distalmente al ginocchio, col caratteristico edema del dorso del piede e delle dita (V. Figura 2). In queste forme, raramente il linfedema si estende prossimalmente al ginocchio.
Nel linfedema connatale non palesemente sindromico, nel quale i problemi linfatici sono la caratteristica dominante, occorre comunque escludere disfunzioni linfatiche viscerali o indagare anomalie linfatiche centrali (a es. chilotorace, chilopericardio, ascite chilosa, enteropatia proteino disperdente, chiluria, edemi periferici da reflusso chiloso)11. Utile a questo proposito lo studio dello spessore della parete enterica, mediante ecografia dell’addome e lo studio dei versamenti linfatici pericardico e pleurico mediante linfangio RM.
Il reflusso chiloso può anche derivare da malformazioni linfatiche, linfangectasie, linfangioleiomiomatosi, anomalia linfatica generalizzata (GLA), malattia di Gorham-Stout e ostruzione linfatica (ad esempio, a causa di anomalie congenite o ipoplasia).
La linfoscintigrafia o la linfangiografia possono essere utili per definirne l’anatomia funzionale12,13,.
Linfedema tardivo: nel Linfedema Distichiasi, occorre considerare che la distichasi è spesso presente sin dalla nascita, ma potrebbe non essere riconosciuta fino alla prima infanzia, mentre il linfedema degli arti inferiori di solito compare in età puberale. Per la rilevazione della distichiasi, non possiamo limitarci all’esame macroscopico della superficie tarsale delle palpebre, ma soprattutto in età neonatale o infantile è da considerare la visita oculistica mirata alla esclusione dell’anomalia, mediante esame con Lampada a Fessura. Per lo stesso motivo non sono da trascurare le congiuntiviti ricorrenti, irritazioni corneali e la fotofobia.
Il 50% dei pazienti soffre di vene varicose17.
Nella stessa forma familiare, occorre prestare attenzione alla familiarità per cardiopatia, presente nel 10% dei casi17.
Nella Malattia di Meige, che è la forma familiare più diffusa, l’edema è a carico degli arti inferiori e l’esordio è prevalente in età puberale.
Conclusioni
Per tutte le forme di linfedema primario familiare, la sorveglianza da parte dei congiunti, informati sul rischio di trasmissibilità alla progenie, è un atto necessario per la prevenzione delle conseguenze di un linfedema non riconosciuto e quindi trascurato.
Per tutte le forme di linfedema è presente la criticità dell’accesso alla diagnosi. Il linfedema primario non arriva quasi mai in tempi rapidi, all’attenzione dello specialista e del team in grado di attuare una terapia decongestiva corretta e tempestiva. Spesso il paziente arriva allo specialista dopo un percorso molto lungo e con un linfedema già organizzato.
È auspicabile un adeguato percorso di formazione per il personale medico, inteso come medico di medicina generale, pediatra di base o lo specialista di riferimento, in grado di porre un sospetto diagnostico che porterebbe il paziente portatore o sospetto portatore di linfedema primario, all’ambulatorio dello specialista, che lavora all’interno di un team adeguatamente formato, per attuare un trattamento decongestivo assolutamente tempestivo, che è la chiave di volta per avere successo in questo tipo di patologia. Se si riesce a contenere un linfedema primario quando l’edema è ancora abbastanza aggredibile, si riesce a mantenerlo entro livelli accettabili e al massimo della decongestione. Quando il linfedema perviene alla diagnosi già in condizioni di organizzazione fibrosclerotica, non è più possibile decongestionarlo completamente, perché la fase fluida dell’edema ha subito un’organizzazione scarsamente e/o solo in parte reversibile. Appare ovvia dunque l’importanza della tempestività dell’idoneo trattamento decongestivo, se questo viene realizzato in un tempo adeguatamente precoce e con competenza.
Ringraziamenti
Alla Prof. Sahar Mansour per l’autorizzazione alla pubblicazione dell’Algoritmo Classificativo del ST George per le Anomalie Linfatiche Primarie.
Al Dott. Lorenzo Ricolfi, per il prezioso contributo per le parti relative alle disfunzioni linfatiche centrali e viscerali.
Al Dott. Maurizio Ricci, segretario della sez. Edema della SIMFER.
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