LETTERATURA INTERNAZIONALE
L’intervento nutrizionale nella sarcopenia
Elena Cecilia CAPELLO, Giampaolo BIROLI, Edda CAVA, Alessandro COLLO, Sandra PORTALE, Sergio RISO
S.C. Scienza dell’Alimentazione e Dietetica, Azienda Ospedaliero-Universitaria “Maggiore della Carità”, Novara
Corresponding author: elenacecilia.capello@maggioreosp.novara.it
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La sarcopenia è definita come un disordine generalizzato della muscolatura scheletrica, associato ad una maggiore probabilità di outcome avverso come cadute, fratture, declino funzionale, aumento dell’ospedalizzazione e della durata dei ricoveri, peggior qualità di vita e mortalità.
Numerosi sono i fattori responsabili di questa perdita di massa muscolare: il processo d’invecchiamento in sé, una suscettibilità genetica, fattori ambientali (dieta non ottimale, prolungato allettamento, stile di vita sedentario), malattie croniche e farmaci. Nella maggior parte degli anziani l’eziologia è multifattoriale e solo quando l’unica causa evidente è l’invecchiamento la sarcopenia viene definita primaria (età-correlata) [1, 2].
La malnutrizione riveste un ruolo chiave nella patogenesi della sarcopenia. Anoressia, edentulìa, disgeusia, disfagia, alterazioni gastrointestinali (rallentamento dello svuotamento gastrico, elevazione CCK, rallentato transito intestinale), disabilità motoria e visiva, rappresentano cause fisiologiche e fisiche che possono compromettere una adeguata assunzione di nutrienti. Anche altri fattori, come un’aumentata frequenza e severità di malattie acute e croniche e le politerapie farmacologiche (responsabili di malassorbimento, disturbi gastrointestinali, perdita di appetito) hanno un riconosciuto ruolo eziologico. Senza dimenticare poi le cause psicosociali come isolamento, povertà, decadimento cognitivo, demenza e depressione [3]. Nel loro insieme tutti questi fattori fisiologici, fisici, patologici e psicosociali, rendono conto dell’elevata prevalenza della malnutrizione nell’anziano: 15% nei soggetti non istituzionalizzati, 25-60% in RSA/Case di Riposo e 35-65% in Ospedale [4].
Un contributo importante allo sviluppo di malnutrizione è dato dalla disfagia, la cui prevalenza è compresa tra il 13% e il 38% nell’anziano che vive in comunità, ma raggiunge valori più elevati in ospedale (30%) e in RSA/Case di Riposo (68%) [4]. All’origine della disfagia vi sono una serie di cambiamenti fisiologici età-correlati relativi a struttura, motilità, sensibilità e coordinazione, responsabili di un complessivo rallentamento del transito del bolo alimentare (presbifagia primaria) e che pongono l’anziano in una condizione di “fragilità” della deglutizione, caratterizzata da una minor capacità di compenso nei confronti di “stressori” esterni (patologie e farmaci) predisponenti lo sviluppo di una disfagia vera e propria (presbifagia secondaria). L’inadeguato intake proteico ed energetico conseguente alla difficoltà di deglutizione è causa di malnutrizione. La sarcopenia che ne consegue, può interessare anche la muscolatura coinvolta nella deglutizione (soprattutto se presente anche disuso) e peggiorare la stessa disfagia. Si parla, in questi casi, di “disfagia sarcopenica” che, attraverso un circolo vizioso, è responsabile di un ulteriore peggioramento dello stato nutrizionale.
È necessario pertanto riconoscere precocemente il soggetto anziano a rischio di malnutrizione per poter pianificare terapie nutrizionali mirate al miglioramento dell’outcome. Le metodiche di screening della malnutrizione dovrebbero inoltre essere affiancate da quelle finalizzate al precoce riconoscimento del rischio di sarcopenia e di disfagia.
Valutazione dello stato nutrizionale
La Società Europea di Nutrizione Clinica e Metabolismo (ESPEN) suggerisce come metodica di screening della malnutrizione l’utilizzo del Nutrition Risk Screening-2002 (NRS-2002) o del Malnutrition Universal Screening Tool (MUST). Il Mini Nutritional Assessment, nella forma short (MNA-SF), viene invece considerato il gold standard per l’anziano istituzionalizzato o in un setting ambulatoriale. Nel soggetto riconosciuto a rischio di malnutrizione deve essere successivamente effettuata la valutazione dello stato nutrizionale finalizzata alla diagnosi e alla definizione del grado di severità della malnutrizione. Un recente documento di consenso di ESPEN propone l’utilizzo di alcuni criteri fenotipici ed eziologici per la diagnosi di malnutrizione: % di calo ponderale, BMI, massa muscolare, intake per os, infiammazione [5,6].
Il test di screening SARC-F e la successiva valutazione della forza muscolare, mediante Hand Grip o il Chair stand test, rappresentano validi strumenti per definire come probabile la presenza di sarcopenia e giustificare, nella pratica clinica, l’avvio di un intervento nutrizionale [1].
Per quanto riguarda lo screening della disfagia, nel paziente ambulatoriale o nell’anziano istituzionalizzato, può essere utilizzato, anche in autosomministrazione, il test EAT-10. Un ulteriore strumento di screening, utilizzabile soprattutto in ambito ospedaliero, è rappresentato dal Test del bolo d’acqua. In caso di positività a uno di questi test di screening deve essere effettuata una valutazione clinica ed eventualmente strumentale (FEES) della capacità di deglutizione.
Intervento nutrizionale
Nel paziente malnutrito o a rischio di malnutrizione devono essere messi in atto una serie di interventi di intensità crescente, in funzione del quadro clinico e del setting di cura.
Counseling nutrizionale e dieta
Nei pazienti in grado di alimentarsi per vie naturali il primo step dell’intervento nutrizionale è rappresentato dal Counseling nutrizionale, mirato all’incremento dell’assunzione di nutrienti attraverso una revisione della dieta normale, favorendo alimenti ad elevato contenuto calorico e proteico, eventualmente modificati nella consistenza in caso di disfagia. In presenza di difficoltà di deglutizione è necessario infatti elaborare pasti in funzione delle caratteristiche reologiche degli alimenti (consistenza, scivolosità, coesione, omogeneità) sulla scorta delle indicazioni provenienti dalle valutazioni specialistiche foniatrico/logopediche, al fine di garantire la sicurezza del paziente, evitando il passaggio di cibo nelle vie respiratorie.
Rispetto agli apporti calorici, le recenti linee guida ESPEN, suggeriscono 30 kcal/kg/die, da personalizzare in base a stato nutrizionale, livello di attività fisica e presenza di patologia. Oltre alla quantità di calorie necessarie per mantenere un peso corporeo ottimale, la principale strategia nutrizionale è rappresentata da una dieta che garantisca un congruo apporto giornaliero di proteine, tale da superare la ridotta capacità di sintesi proteica muscolare che si riscontra tipicamente nell’anziano rispetto al soggetto più giovane. Si raccomanda, pertanto, un aumento dell’intake a 1-1.2 g/kg/die. Tuttavia, in presenza di una patologia acuta o cronica la quota proteica deve essere ulteriormente aumentata a 1.2-1.5 g/kg/die [7]. Anche nei pazienti ospedalizzati con insufficienza renale (acuta, acuta su cronica, cronica) in presenza di patologia acuta/critica, in assenza di trattamento sostitutivo, si consiglia di garantire un apporto proteico di almeno 1 g/kg/die [8].
Un’adeguata distribuzione della quota proteica ai pasti, con un apporto di proteine in almeno 2 pasti principali di circa 0.4 g/kg di peso, costituisce una strategia potenzialmente efficace nel contrastare la sarcopenia, attraverso l’ottimizzazione dello stimolo sulla sintesi proteica muscolare [9].
È ampiamente dimostrato che sono le proteine di origine animale, rispetto alle vegetali, a svolgere la maggior azione protettiva sulla perdita di massa e forza muscolare. La maggior azione anabolica delle proteine animali è attribuibile, almeno in parte, alla maggior digeribilità (90% vs 50%) ed al maggior contenuto in AA essenziali, in particolare leucina, considerata il principale attivatore del processo di sintesi a livello delle fibre muscolari [10]. Quindi, latte o yogurt a colazione, mentre formaggi, carne, pesce, uova, ma anche legumi se abbinati a cereali, devono essere contemplati a pranzo e cena. Questi alimenti apportano inoltre anche altri nutrienti utili alla funzione muscolare come la vit. D e gli acidi grassi omega-3.
Gli acidi grassi omega-3, contenuti in maggior quantità nei pesci “grassi” come sgombri, sardine, tonno e salmone, sembrano esplicare un effetto protettivo sul muscolo scheletrico attraverso un miglioramento della resistenza anabolica allo stimolo proteico a seguito della riduzione delle citochine proinfiammatorie e dell’emissione mitocondriale di specie reattive dell’ossigeno. Una recente metanalisi ha dimostrato che un aumento dell’assunzione di omega-3 ad almeno 2 g/die, attraverso dieta e supplementazione, può contribuire ad un incremento della massa muscolare e al miglioramento della performance fisica (velocità del cammino) soprattutto per trattamenti superiori a 6 mesi [11].
Supplementi nutrizionali orali
Qualora il paziente non riesca a coprire con gli alimenti naturali le proprie necessità calorico-proteiche, è indicata l’integrazione con Supplementi Nutrizionali Orali (Oral Nutritional Supplements – ONS) proteici, in polvere, o calorico-proteici, liquidi, secondo necessità.
Rispetto alla componente proteica degli ONS è importante fare una distinzione tra proteine fast e slow. Sono considerate fast le proteine del siero di latte (whey protein), a differenza della caseina considerata slow. Le proteine fast presentano una struttura molecolare che determina un profilo cinetico digestivo e post-assorbitivo particolarmente favorevole sulla regolazione della sintesi proteica muscolare: maggiore e più rapido aumento plasmatico degli aminoacidi rispetto alle proteine slow, anche a parità di contenuto aminoacidico. Le sieroproteine presentano inoltre un maggior contenuto di leucina [12].
Proprio sulla leucina e sul suo metabolita il b-idrossi-b-metilbutirrato (HMB) si è concentrato in questi ultimi anni l’interesse dei ricercatori. Entrambe le sostanze giocano un ruolo importante nei processi anabolici ed anticatabolici a livello muscolare, attivando il complesso mTOR (mammalian rampamycin target protein) ed inibendo i processi proteolitici (in particolare l’autofagia) [13].
Due metanalisi suggeriscono che la leucina è in grado di aumentare la sintesi proteica a livello muscolare e, soprattutto in presenza di sarcopenia, anche la massa muscolare [14,15]. Secondo una recente review, comprendente studi effettuati su anziani sarcopenici, gli effetti sull’aumento di massa muscolare si hanno in particolare quando la leucina (nella dose giornaliera compresa tra 1.2 e 6 g) risulta associata a vit D (85-800 UI/die) [16]. Si ritiene che questi effetti positivi siano dovuti all’azione sinergica anti-infiammatoria e immunomodulante dei due nutrienti.
Un importante studio (Provide Study), effettuato su 380 anziani sarcopenici con limitazioni funzionali di grado lieve-moderato (Short Physical Performance Battery score 4-9) e ridotto Indice di Massa Muscolare Scheletrica (≤ 37% uomo, ≤ 28% donna) alla BIA, dimostra che una supplementazione per 13 settimane con ONS contenenti sieroproteine arricchite in leucina + Vit D è in grado di migliorare la performance fisica (Chair stand test) e la massa muscolare appendicolare (valutata con DEXA) [17]. Successive analisi secondarie di questo lavoro hanno inoltre evidenziato che questo tipo di supplementazione è in grado di: a) aumentare in maniera significativa la massa muscolare solo in presenza di adeguati livelli sierici di Vit D (> 50 nmol/L) e con apporti di proteine > 1 g/Kg/die [18]; b) attenuare la progressione dell’infiammazione cronica di basso grado (IL-6) [19].
Anche in un contesto riabilitativo, la stessa supplementazione in soggetti anziani (> 65 anni), per un periodo di 4-8 settimane, è risultata efficace nel migliorare la performance fisica (velocità del cammino, Chair stand test, Timed up and go test, punteggio SPPB) oltre a Handgrip e composizione corporea (massa muscolare appendicolare e indice di massa muscolare scheletrica tramite DEXA). La gestione nutrizionale di questi pazienti si è dimostrata inoltre efficace nel ridurre la durata della degenza di 10 giorni e l’intensità di cura (ore di riabilitazione) [20].
Rispetto al b-idrossi-b-metilbutirrato, una metanalisi comprendente 7 studi clinici (di cui 6 su anziani sani) ha dimostrato che la somministrazione di questo metabolita della leucina a dosi giornaliere di 2-3 g/die, in alcuni casi in associazione con altri aminoacidi (arginina, glutamina, lisina), è efficace nel prevenire la perdita di massa muscolare [21]. Studi più recenti, effettuati su pazienti malnutriti e sarcopenici in comunità [22], ospedalizzati [23], con esiti di frattura femore [24], dimostrano effetti favorevoli anche sulla forza muscolare dopo somministrazione di ONS contenenti HMB (330 kcal, 20 g di proteine, 1.5 g di HMB) 2 volte al giorno.
Solo nei casi in cui l’assunzione di alimenti risulti inadeguata (< 60% dei fabbisogni stimati), nonostante Counseling e ONS, si deve ricorrere alla Nutrizione Artificiale (NA). Trattandosi solitamente di pazienti con tratto gastroenterico accessibile e funzionante, il supporto nutrizionale artificiale dovrebbe essere garantito attraverso il tratto gastrointestinale dal momento che la nutrizione enterale risulta in genere più facile, sicura e meno costosa rispetto alla nutrizione per via venosa (nutrizione parenterale).
Conclusioni
Malnutrizione e sarcopenia hanno una elevata prevalenza nell’anziano e si associano ad una maggior morbilità e mortalità. Un apporto di almeno 1-1.2 g/kg/die di proteine di alto valore biologico ed una adeguata distribuzione, con una quantità di proteine in ≥ 2 pasti principali di circa 0.4 g/kg di peso, costituisce una strategia potenzialmente efficace nel contrastare la sarcopenia. Per il raggiungimento del fabbisogno proteico, può essere necessario ricorrere a specifiche strategie nutrizionali, come l’utilizzo di alimenti proteici di facile masticazione (es. pesce, uova) o l’elaborazione di pasti ad elevata densità calorico-proteica, di consistenza modificata (morbida o cremosa) soprattutto se in presenza di disfagia. In caso di ingesta persistentemente inadeguate, può essere indicata l’integrazione con supplementi nutrizionali orali proteici o calorico-proteici, arricchiti di leucina o HMB, di cui si è dimostrata l’efficacia nel prevenire/trattare la perdita di massa e forza muscolare nel soggetto anziano.
Solo attraverso un precoce riconoscimento del paziente a rischio di malnutrizione/sarcopenia e l’avvio di un tempestivo quanto personalizzato intervento nutrizionale, finalizzato a contrastare il decadimento dello stato nutrizionale e la perdita di massa/forza muscolare, è possibile garantire un miglioramento dell’outcome clinico e della qualità di vita del soggetto anziano.
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