La Disfagia
Sede emisferica e disfagia: risultati di uno studio preliminare multicentrico
Antonella BERGONZONI1, Selenia VALCI2, Laura ABBRUZZESE2, Cristiano SCARSELLI2, Francesca DORGALI2, Giada NALI1 , Mauro MANCUSO3
1 Unità di Medicina Riabilitativa, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara
2 Clinica di Riabilitazione Toscana, Montevarchi (AR), Italia
3 UOC Recupero e Rieducazione Funzionale-Area Grossetana, USL Toscana Sud-Est, Grosseto, Italia
Autore di riferimento
Bergonzoni Antonella
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara
Via Aldo Moro Cona – Ferrara a.bergonzoni@ospfe.it
Introduzione
La deglutizione è un processo molto complesso controllato da un’ampia rete neurale cortico-sottocorticale. Sebbene il ruolo della corteccia sia stato trascurato in passato, tecniche di neuroimaging, associate ad osservazioni cliniche, hanno maggiormente chiarito l’importanza delle aree cerebrali cortico-sottocorticali e di aree specifiche nel controllo della deglutizione in individui sani e nei pazienti affetti da stroke. La disfagia post-ictale è presente nel 55-78% dei pazienti sopravvissuti e costituisce una disabilità in grado di incidere negativamente sulla prognosi quoad vitam e quoad valitudimen dei sopravvisuti nonché sulla loro Qualità di vita. Il controllo neurologico della deglutizione è mediato da una complessa rete neurale costituita da regioni motorie e sensoriali bilaterali corticali (aree somatosensoriali, motoria supplementare, opercolo, corteccia frontale e prefrontale, insula) interconnesse, attraverso tratti di sostanza bianca ascendenti e discendenti, con regioni sottocorticali (talamo, gangli della base, cervelletto) e bulbo-pontine. L’integrità anatomo-funzionale dei circuiti coinvolti garantisce coordinazione ed efficacia del processo deglutitorio.
Considerando il complesso sistema di controllo deglutitorio è prevedibile che lesioni anche piccole, ma in aree strategiche, siano in grado di comprometterne l’integrità e condizionare negativamente tutta la funzione deglutitoria. Negli anni, pertanto, è stato evidenziato come anche il grave disordine della deglutizione potesse non essere sempre correlato ad un danno del troncoencefalo (da sempre considerato come una delle principali strutture coinvolte nel controllo deglutitorio), ma anche a danni corticali unilaterali senza che vi sia un compenso della funzione da parte del lato sano. Sappiamo inoltre che la plasticità cerebrale rappresenta il principale meccanismo attivo nel processo di recupero di una funzione e che dipende da molteplici elementi tra cui fattori individuali pre-morbosi, sede della lesione cerebrale e presenza di lesioni associate che quindi influiscono sulla possibilità di reclutamento di aree adiacenti a quella danneggiata. Poco si sa, invece, su come le sedi della lesione cerebrale influenzino il recupero della deglutizione. È stato dimostrato che la localizzazione dell’evento ictale potrebbe avere un valore predittivo nella identificazione di pazienti che possono presentare disfagia; in particolare, una lesione destra è associata ad incidenza, severità e persistenza di disfagia maggiori rispetto a lesioni omologhe controlaterali . La lesione sinistra sembra essere associata ad un deficit della fase orale della deglutizione, mentre un insulto nell’emisfero destro sembra correlato con disfunzione della fase faringea e con un maggior rischio di aspirazione [1] [2]. Suntrup et al. [3] [4] hanno concluso che una lesione dell’emisfero destro porta ad un maggior rischio di penetrazione, aspirazione, polmonite ab-ingestis, deficit del riflesso deglutitorio e presenza di residui orofaringei – quindi ad una disfagia di grado più severo. La sede delle lesioni potrebbe pertanto entrare a far parte dei fattori prognostici di insorgenza e recupero della disfagia. Non sembra così stringente, invece, la correlazione tra estensione della lesione e grado di severità della disfunzione deglutitoria, ad esempio anche piccole lesioni della capsula interna possono portare a gravi disfagie [5] [6].
Pertanto, è necessario che la diagnosi di disfagia avvenga precocemente e accuratamente, così da permettere una più rapida riabilitazione dei pazienti e migliorarne l’outcome deglutitorio e funzionale.
In considerazione della necessità di chiarire non soltanto il coinvolgimento del sistema nervoso nella compromissione deglutitoria ma anche l’impatto di quest’ultima sugli esiti funzionali, lo scopo dello studio è stato verificare la correlazione tra lesione conseguente ad ictus, competenza deglutitoria ed outcome funzionale.
Materiali e metodi
È stata effettuata una raccolta dati retrospettiva all’interno di uno studio avviato nel 2019 nei pazienti con esiti di stroke, ricoverati presso i reparti della Clinica di Riabilitazione Toscana S.p.a. (Montevarchi, AR) dall’anno 2016 all’anno 2018. Per ciascun paziente ricoverato è stata effettuata all’ingresso una classificazione della lesione ischemica e relativa localizzazione attraverso la classificazione di Bamford, una valutazione clinica e strumentale (FEES- Fiberoptic Endoscopic Evaluation of Swallowing) della deglutizione ed una valutazione funzionale globale con scala FIM (Functional Independence Measure). La competenza deglutitoria all’ingresso è stata codificata in: alterazione della fase faringea, alterazione della fase orale e alterazione di entrambe le fasi.
Alla dimissione è stata ripetuta la valutazione dell’outcome deglutitorio, codificata in alimentazione mediante sondino naso-gastrico (S.N.G.) o Gastrostomia Endoscopica Percutanea (P.E.G.) oppure raggiungimento della nutrizione per via orale, e della autonomia funzionale globale (FIM).
Risultati
Sono stati arruolati 45 pazienti. Tutti erano, in media, a 32.5 giorni (± 21.2) dall’onset; 17 avevano una lesione cerebrale destra (LCD) successiva a stroke e 28 avevano una lesione cerebrale sinistra (LCS). Poiché il volume dell’infarto TACI nei pazienti con sindrome clinica completa è significativamente maggiore rispetto a quello dei pazienti con deficit più ristretti (ovvero, LACI, PACI o POCI), abbiamo diviso i pazienti con LCD e LCS in due gruppi: pazienti con coinvolgimento anteriore totale (TACI: gruppo T) e pazienti con localizzazione della lesione parziale, posteriore o lacunare (LACI – PACI – POCI: gruppo LPP). Il gruppo T comprendeva 27 pazienti, il gruppo LPP 18. Il confronto tra gruppi per lato lesione e localizzazione della lesione ha evidenziato una differenza significativa: un deficit della fase faringea è stato rilevato sia nel gruppo T che nel gruppo LPP dei pazienti con LCD, se confrontato lo stesso gruppo di pazienti con LCS (p < 0.05). Nel gruppo con LCD, la distribuzione della competenza deglutitoria alla dimissione era significativamente diversa tra il gruppo T e il gruppo LPP. Tutti i pazienti del gruppo T hanno raggiunto un’alimentazione orale (100%) rispetto al 44,4% del gruppo LPP (p < 0.05). Per quanto riguarda l’outcome funzionale, in media è stato rilevato un miglioramento significativo dall’ingresso alla dimissione nei punteggi della scala FIM (Z = -2.9; p < 0.05). Non sono state rilevate differenze statisticamente significative nel guadagno riabilitativo funzionale tra il gruppo LCD e LCS e tra gli stessi gruppi divisi sulla base della localizzazione della lesione (p > 0.05).
Discussione e conclusioni
La disfagia costituisce un predittore affidabile di morbilità e mortalità; diagnosi e trattamento precoci sono strategici nella definizione prognostica sia in termini di mortalità che di outcome. L’obiettivo principale del nostro studio è stato verificare la sussistenza ed il grado di correlazione tra lesioni post ictus, competenza deglutitoria e outcome funzionale in un campione di pazienti con stroke ischemico ricoverati in neuro-riabilitazione.
In accordo con i dati in letteratura, al momento del ricovero sono state riscontrate differenze quali-quantitative nelle difficoltà di deglutizione in relazione al lato della lesione. L’incidenza della disfunzione faringea è significativamente maggiore tra i soggetti con lesione destra, mentre nei pazienti con danno cerebrale sinistro è stato rilevato un prevalente deficit della fase orale. Una diversificazione delle caratteristiche del disturbo della deglutizione in funzione dell’emisfero leso è già stata riportata in precedenti studi nei quali la disfagia risultava essere clinicamente più significativa nei pazienti con ictus dell’emisfero destro. In questi ultimi è stata osservata una maggiore incidenza di ritardo di innesco della fase faringea e di stasi faringea [1]. Una simile diversificazione non è stata tuttavia confermata da studi più recenti che hanno invece evidenziato una notevole variabilità interindividuale nei pattern di compromissione deglutitoria. Ciò in virtù della rappresentazione asimmetrica della deglutizione e del coinvolgimento di entrambi gli emisferi nel controllo della stessa. L’emisfero dotato di più forti rappresentazioni dell’abilità deglutitoria risulterebbe indipendente dalla dominanza manuale di un individuo e varierebbe tra i soggetti stessi anche in funzione del compito e della muscolatura coinvolta nella deglutizione [7][8][9].
Rispetto alla neuro-topografia, i nostri dati preliminari sembrerebbero suggerire il raggiungimento di una migliore competenza deglutitoria alla dimissione tra i soggetti con lesioni totali anteriori destre rispetto a coloro che presentano lesioni parziali, posteriori o lacunari destre. I pazienti con lesione dell’emisfero destro e infarto totale della circolazione anteriore raggiungono, infatti, un’alimentazione per via orale in una percentuale significativamente superiore rispetto ai pazienti con lesioni posteriori, parziali o lacunari. Sebbene sia stato dimostrato in precedenza un rapporto di proporzionalità diretta tra la dimensione della lesione e la probabilità che la disfagia e altre sequele insorgano e persistano [10][11], recenti evidenze ridimensionano il ruolo svolto dal volume lesionale nel determinare l’outcome funzionale e il recupero post ictus, riportando gravi disfagie conseguenti a piccole lesioni (es. a livello della capsula interna) [12] [5].
Per quanto riguarda l’outcome funzionale, i nostri dati evidenziano un miglioramento in dimissione di tutti i pazienti, a prescindere dal lato e dalla localizzazione della lesione. Un buon recupero nell’outcome funzionale è stato riportato in altri studi che hanno evidenziato minori livelli di disabilità in dimissione, anche a distanza di tre mesi [13].
Sebbene siano necessari ulteriori studi, dai nostri risultati preliminari emerge la possibilità di incrementare la comprensione dei meccanismi di funzionamento della disfagia e di potenziare la differenziazione degli interventi riabilitativi in funzione dei distretti anatomici e funzionali coinvolti.
Il presente lavoro è stato presentato al 49° Congresso Nazionale di Medicina Fisica e Riabilitazione (ottobre 2021)
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